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Psicocinesi e percezioni extra-sensoriali -

Ultimo Aggiornamento: 17/02/2009 04:31
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17/02/2009 04:04

Punti di partenza

Molte persone credono che il loro "sé psichico" lasci periodicamente i loro corpi per ricuperare informazioni distanti. I critici della letteratura relativa alle "esperienze fuori dal corpo" (OBE - Out of Body Experiences) ritengono che le prove a favore di questo fenomeno siano poco convincenti (Blackmore 1982; Neher 1980). Le descrizioni di OBE sono compatibili con ciò che si sa circa fenomeni neurali e psicologici conosciuti che evocano vivide allucinazioni e pregiudicano temporaneamente la capacità di esaminare la realtà. Neher (1980) offre anche degli esercizi di rilassamento e di immaginazione per coloro che desiderano sperimentare da sé un OBE.

Nell'ultimo secolo, il neurologo Huglings Jackson riportò che aberrazioni nei lobi temporali del cervello possono produrre sensazioni di galleggiamento e disincarnazione, inclusa l'impressione di vedere il proprio corpo da lontano (MacLean 1970). Da allora, le OBE sono state prodotte dalla stimolazione elettrica dei lobi temporali durante operazioni di neurochirurgia. Queste esperienze sono anche associate con varie droghe, attacchi epilettici, episodi di emicrania ed ipoglicemia e modificazioni neurochimiche vicine alla morte. Occasionalmente, le OBE occorrono spontaneamente in individui normali e svegli, probabilmente a causa di un'attivazione casuale dei sistemi del lobo temporale. Le OBE sembrano meno misteriose quando pensiamo che il cervello genera immagini simili durante i sogni o nelle memorie visive, dove noi di solito ci vediamo da una posizione che in realtà non abbiamo mai occupato. è principalmente la chiarezza o "realtà" delle OBE (relativa all'attività del lobo temporale e frontale) che le distingue da forme simili di immaginazione, incluso il "sognare ad occhi aperti" che può, a sua volta, sembrare piuttosto vivido.

Le OBE possono ancora essere innescate da suggerimenti sbagliati quando i meccanismi di eccitazione del cervello si spostano da uno stato di assopimento ad uno stato di sonno, dal sonno alla veglia, dal sonno senza sogni al sonno con sogni, e così via. In un tale sistema formato da così tanti componenti, ci si può benissimo aspettare che occasionalmente si verifichino delle desincronizzazioni - che possono qui risultare in attività simili al sognare durante uno stato di quasi veglia. Le immagini di inizio (ipnagogiche) e di fine (ipnopompiche) del sonno sono spesso miscugli bizzarri, ma all'apparenza reali, di percezioni genuine ed allucinazioni (Stoyva 1973).



La fisiologia delle allucinazioni

Di solito è facile distinguere percezioni autentiche da immagini auto-prodotte, eccetto che nel corso dei sogni, delle OBE, e così via. Occasionalmente può essere difficile, però, perché i sistemi del cervello che generano immagini dalla memoria condividono dei circuiti neurali con quei sistemi che decifrano gli stimoli sensoriali provenienti dall'ambiente. Molti fattori possono temporaneamente disabilitare più alti meccanismi del cervello che confermano la realtà delle percezioni.

Le allucinazioni si verificano quando la corteccia sensoriale viene attivata senza che vi siano stimoli ai recettori periferici. Ciò può derivare da: stimolazione elettrica o con l'uso di droghe del cervello, suggestioni ipnotiche, alta febbre, narcolepsia, emicrania, epilessia, schizofrenia, sovraccarico sensoriale o isolamento prolungato (Horowitz 1975; Johnson 1978; Siegel e West 1975). Allucinazioni possono verificarsi quando le immagini interne confondono gli stimoli sensoriali esterni in percorsi neurali condivisi, o quando frazioni percettive indistinte sono imbellite secondo le aspettative e le credenze (Horowitz 1975). Sono anche possibili in situazioni che influenzano la normale alternanza tra vigilanza e attenzione all'uso di immagini (utilizzate per ricordare, risolvere i problemi, sognare ad occhi aperti, e così via). Forti conflitti, minacce emotive, paura, o desiderio possono prestare una qualità intensamente reale al pensiero immaginifico. La meditazione, riducendo gli stimoli sensoriali e sopprimendo i sistemi verbali di coscienza, può avere risultati simili.

Schatzman (1980) trovò un sostegno obiettivo per la nozione che le allucinazioni passano attraverso processi che hanno luogo nell'area visuale del cervello. Fu presentato uno stimolo visivo ad una paziente che sperimentava allucinazioni vivide. La risposta elettrica della sua corteccia visiva quando ella osservava lo stimolo normalmente fu confrontata con quella di quando aveva allucinazioni che oscuravano lo stimolo dalla vista. Nella seconda condizione, la traccia dello stimolo registrata scompariva man mano che la corteccia visiva iniziava a produrre l'immagine allucinata.

Molte credenze occulte nascono dal malinteso che qualsiasi cosa vista o sentita debba necessariamente esistere fuori da noi stessi. Fatica, stress, monotonia o ferventi desideri possono oscurare le "etichette" che designano l'origine esterna o interna man mano che i messaggi passano attraverso il cervello - offuscando così la linea di demarcazione tra realtà e fantasia.



Percezione: normale ed extra-sensoriale

Molta letteratura supporta il corollario dell'IPN secondo cui la percezione sarebbe un processo del cervello (Uttal 1973). Per quanto riguarda i sensi convenzionali (vista, udito, gusto, odorato, tatto) sappiamo molto su come differenti energie vengono tradotte dai recettori in codici neurali e su come i sistemi del cervello ne distribuiscono e analizzano il contenuto.

Danni ad analizzatori specifici del cervello cancellano la percezione delle qualità che essi altrimenti codificherebbero. Se la mente potesse abbandonare il corpo e conservare una piena consapevolezza del viaggio, perché un semplice difetto di "hardware" nel cervello dovrebbe lasciare dei pazienti insensibili? D'altra parte, se fossero danneggiati solo i recettori periferici, sarebbe possibile creare rozze protesi in grado di stimolare la corteccia sensoriale con impulsi elettrici predeterminati. Che queste evochino semplici modelli visivi sostiene l'ipotesi dell'IPN, ma la rozzezza delle percezioni prodotte dalle protesi stimolanti più avanzate sottolinea l'enorme compito che eventuali "energie" telepatiche dovrebbero compiere perché la percezione extra sensoriale (ESP - Extra Sensorial Perception) possa essere compatibile con l'IPN. Un "messaggio" che potesse superare gli abituali percorsi neurosensoriali alla coscienza dovrebbe ancora imporre un'attività precisamente modellata a milioni di cellule cerebrali.

Un teorico che cercasse di coniugare l'ESP all'IPN dovrebbe suggerire dei meccanismi plausibili al fine di rispondere alle seguenti domande:



* Come viene generato il "messaggio" dal cervello del "mandante" nella telepatia e da un oggetto inanimato nella chiaroveggenza?

* Che tipo di energia potrebbe portare il messaggio senza perdite, lungo distanze immense e attraverso gli oggetti incontrati durante il percorso?

* Qual'è il mezzo di propagazione del segnale; che cosa impedisce il sovrapporsi di messaggi simultanei e che cosa li fa arrivare al "ricevente"?

* Una volta arrivato al ricevente, che cosa dirige il messaggio alla modalità sensoriale appropriata - per esempio, alla vista piuttosto che all'odorato - per non dire cosa produca una percezione significativa?

* Quale forma concepibile di energia avrebbe la capacità informazionale di imporre i modelli spazio-temporali necessari al numero astronomico di neuroni coinvolti anche nella più semplice percezione? Come potrebbe duplicare i lievi movimenti dei trasmettitori neurochimici attraverso le membrane cellulari che costituiscono il codice neurale?



Gli entusiasti dell'ESP raramente si pongono questo tipo di domande. Infatti, evitarle è una delle attrattive del dualismo (se la mente non è fisica, queste limitazioni non sono applicabili). Il parapsicologo Charles Tart (1977), e ciò va detto a suo credito, cerca di far fronte ad alcuni di questi problemi, ma le soluzioni da lui proposte sono essenzialmente antichi principi di Magia Simpatica e di Contatto ridefiniti in termini tecnici. Egli sostiene che debbano esistere nel cervello "canali", "decodificatori", etc., perché l'ESP è un'abilità stabilita, ma non suggerisce dove e come potrebbero trovarsi.

Godbey (1975) ha ragione quando afferma che le prove della telepatia o della chiaroveggenza sarebbero insufficienti, in sé stesse, per rifiutare l'IPN. Il cervello potrebbe concepibilmente essere messo in uno stato fisico di "sapere qualcosa" da una qualche forza materiale non ancora scoperta. Tuttavia, come io sostengo, ciò richiederebbe una forma di energia non molto diversa da quelle note ai fisici, che operasse sui meccanismi neurali in modi che sembreranno bizzarri anche agli psicobiologi. Sebbene entrambe queste ipotesi potrebbero un giorno venire confermate, oggi servono solamente per "spiegare" fenomeni per i quali esistono interpretazioni naturalistiche più credibili (Alcock 1981; Blackmore 1982; Marks e Kammann 1980; Neher 1980; Zusne e Jones 1982).



La soluzione al 10 percento

Nel sostenere che le attuali teorie sul funzionamento del cervello gettano sospetti sull'ESP, la psicocinesi, la reincarnazione e così via, mi viene spesso rinfacciata la più nota neuro-mitologia: la nozione secondo cui noi normalmente useremmo solamente il 10 per cento del nostro cervello. Gli "illuminati" presumibilmente riuscirebbero ad utilizzare il rimanente per levitare, piegare cucchiai, prevedere il futuro, leggere il pensiero ed altre fantasticherie inconcepibili per chiunque altro.

Le origini del mito del 10 percento sono oscure, ma il concetto venne ampiamente disseminato in popolari corsi di comunicazione (Dale Carnegie) e proferito pubblicamente nientemeno che da Albert Einstein. Credo che l'errore nacque da un travisamento di una ricerca del 1930 la quale dimostrava che, con l'avanzamento evolutivo, una proporzione progressivamente più piccola del cervello è adibita a compiti strettamente sensoriali o motori. Per ragioni metodologiche, le aree non-sensoriali e non-motorie allargatesi vennero denominate "corteccia silenziosa", sebbene siano tutto fuorché silenziose. Sono responsabili delle nostre caratteristiche più umane, incluso il linguaggio ed il pensiero astratto. Aree di massima attività si muovono nel cervello quando ci applichiamo a compiti diversi, e può esserci una qualche riorganizzazione delle regioni funzionali dopo un danno al cervello; ma non ci sono normalmente regioni dormienti che attendono nuovi compiti.

Questa concetto della "ruota di scorta cerebrale" continua a fare la fortuna di psicologi poco seri e dei loro corsi di auto-miglioramento. Come metafora per il fatto che pochi di noi sfruttano pienamente i propri talenti, chi potrebbe negarlo? Come rifugio per gli occultisti che cercano una base neurale per il miracoloso, però, lascia molto a desiderare.



Conclusione

Affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie. Ci sono molti esempi di persone estranee al mondo scientifico che sbaragliarono fortificazioni di ortodossia scientifica, ma prevalsero grazie a dati irrefutabili. Più spesso, scoperte egregie che contraddicono studi e ricerche tra i più sicuri, si rivelano essere artefatti. Io sostengo che accettare i poteri paranormali, la reincarnazione, la "coscienza cosmica" e cose del genere, richiederebbe una revisione fondamentale delle fondamenta delle neuroscienze. Prima di abbandonare teorie materialiste della mente che hanno brillantemente svolto il loro compito, dovremmo insistere nel richiedere migliori prove per l'esistenza dei fenomeni paranormali di quelle che esistono al giorno d'oggi, specialmente quando le stesse neurologia e psicologia offrono alternative più plausibili.


Barry L. Beyerstein fa parte del Brain Behavior Laboratory, Dipartimento di Psicologia, Simon Fraser University, Burnaby, Canada.



Bibliografia


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