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“Omosessualità e adolescenza

Ultimo Aggiornamento: 09/02/2009 03:28
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09/02/2009 03:25

Il primo contributo, di Gustavo Pietropolli Charmet, offre alcuni punti di riferimento molto
importanti circa i cambiamenti in atto nella percezione che il mondo adulto sembra avere
dell’omosessualità in età adolescenziale. Questi dati sono desunti dalla vasta esperienza di
consultazione psicologica che l’istituto Il Minotauro svolge per adolescenti in crisi, con particolare
attenzione alle tematiche affettive e sentimentali. Di quali cambiamenti si tratta ? Anzitutto, su un
piano generale, c’è l’abbandono delle definizioni psicoanalitiche classiche, che vedevano
nell’omosessualità un tipo di “resistenza alla crescita” : oggi prevale, rispetto a questo fenomeno,
una prospettiva di ascolto, sostegno, accompagnamento. Inoltre questa prospettiva è facilitata dal
fatto che i nuovi ruoli genitoriali (in primo luogo quello materno) appaiono molto più orientati a
incrementare nei figli l’autorealizzazione che non la prospettiva di una continuità generazionale.
Infine, il gruppo dei pari è anch’esso maggiormente portato ad accogliere e ad elaborare gli affetti,
facilitando la “nascita sociale” dei suoi membri. In base a tutti questi fattori, sembra si stia andando
verso una trasformazione degli atteggiamenti che dovrebbe garantire sempre maggiore accoglienza
alla situazione dell’adolescente omosessuale.
Il contributo di Stefania Zaccherini Marangoni adopera, già nel titolo, l’espressione “nei
paraggi della diversità” per sottolineare come l’esperienza della differenza, nei suoi aspetti
silenziosi di disagio, dubbio, paura, come in quelli gioiosi della possibilità di aprirsi, rivelarsi,
gridare la propria diversità, possa venir vissuto da maschi e femmine, da omosessuali e da
eterosessuali, e faccia parte comunque della specificità di ogni individuo. Il “coming-out”, il “venir
fuori”, come esperienza di un percorso non solo intrapsichico ma comunicabile agli altri, può essere
in questo senso applicato anche al processo di liberazione avvenuto in seno al movimento delle
donne, o dovunque sia necessario de-costruire una identità culturalmente imposta per poter
riconoscere le proprie genuine esigenze di identificazione. Di qui l’importanza di percorsi di
formazione che aiutino a riconoscere e far riconoscere le diversità, a rendere più competenti
nell’ascolto, nella comunicazione, nell’empatia, a sperimentare che, quando l’adulto si mette in
dialogo con gli adolescenti, questo contatto diventa fonte di ricerca e di arricchimento reciproco.
Roberto Del Favero parte dalla considerazione che nella nostra cultura l’adolescenza, anziché
essere (come spesso viene auspicato a parole) “lo spazio nel quale gli adulti con rigore e rispetto
accompagnano la persona alla scoperta e definizione del proprio Sé unico e irripetibile”, nella realtà
diventa il periodo dell’imposizione di modelli rigidi, di attese stereotipate, di intolleranza all’ascolto
dei bisogni reali e soprattutto di quei bisogni che riportano alla specificità e originalità della
persona. Ciò significa che l’adolescente omosessuale vive un disagio in più all’interno di quel
“disagio del crescere” che già connota il tempo del suo sviluppo. “Ciò che a lui succede non è
nominato” : di qui i sensi di solitudine e isolamento, che spesso portano alla disistima di sé, al
bisogno di auto-distruzione, all’implosione psichica. Anche in questo intervento si fa strada la
convinzione che la sofferenza dell’adolescente omosessuale rimanda alla più generale sofferenza
legata al rivelarsi “diverso” in un contesto nel quale è ancora scarsa la cultura delle diversità. Per
cui risulta urgente investire energie puntando seriamente sui due supporti fondamentali per gli
adolescenti : la famiglia e la scuola.
Il discorso sul processo evolutivo adolescenziale è ripreso da Roberta Giommi, la quale
sottolinea come nella nostra cultura, accanto al riconoscimento dell’eguaglianza di opportunità per
ogni individuo, garantita anche dalla legge, manchi però una riflessione adulta capace di rompere la
pesante stratificazione educativa dei ruoli, di instaurare un reale ascolto dei disagi dell’adolescente e
una reale accettazione delle differenze. Tutto ciò si ripercuote sulle modalità con le quali la famiglia
e la scuola si pongono di fronte all’omosessualità dei propri membri adolescenti. Viene però
ribadito che, rispetto alla compresenza delle differenze, la prospettiva giusta non è quella della
“accettazione”, che presuppone un soggetto attivo e uno passivo, ma piuttosto quella della
“complementarietà” effettiva delle differenze.
Dopo questi interventi ha avuto luogo una Tavola Rotonda coordinata da Gianni Vattimo sul
tema “Le discipline si interrogano sulla innominabilità”. Vi hanno partecipato Marcello Bernardi,
Anna Fabbrini, Rita Gay, Chiara Saraceno. Dei loro interventi si dà la registrazione nel presente
volume. Qui possiamo anticipare il punto di vista concorde di tutti i relatori, per i quali
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