“Omosessualità e adolescenza

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sonardj
00lunedì 9 febbraio 2009 03:24
“Omosessualità e adolescenza

RITA GAY CIALFI *
INTRODUZIONE
Questo volume raccoglie la maggior parte degli interventi che sono stati tenuti, da diversi
relatori, nella Giornata di studio del 21 marzo 1998 sul tema “Omosessualità e adolescenza” alla
Casa della Cultura di Milano. Tale Giornata, indetta congiuntamente da associazioni ed enti come Il
Minotauro, l’AGEDO, il CISEM, l’ASL Milano e la Casa della Cultura, si è svolta con il patrocinio
del Ministero P.I., della Regione Lombardia, della Provincia e del Comune di Milano, del
Provveditorato agli Studi di Varese, e ha visto una partecipazione massiccia di pubblico,
prevalentemente ma non soltanto giovanile : il tema rispondeva con evidenza ad un bisogno reale e
diffuso di conoscenza e di confronto.
La Giornata di studio era stata concepita, dai gruppi promotori, come spazio di informazione e
comunicazione fra istituzioni, discipline, operatori, sulla necessità di “nominare” una delle possibili
varianti nel processo di costruzione dell’identità che ogni adolescente attraversa : l’omosessualità.
Infatti il silenzio stesso che su questa parola viene calato negli ambiti formativi ed educativi è un
fattore che incide pesantemente sulla formazione dell’identità e della relazionalità, soprattutto nella
fase adolescenziale : esso ingenera o rafforza sensi di disistima personale, di non-appartenenza al
gruppo, di paura e disagio di fronte al proprio stesso processo di crescita.
Scopo del confronto era quello di rompere tale silenzio e pensare ad un progetto di
formazione alle identità che permettesse l’incontro e lo scambio tra persone uguali ma al tempo
stesso diverse, cioè specifiche, originali, autentiche nelle loro differenze e nelle loro peculiarità.
Non c’è dunque da meravigliarsi se nell’ambito dei vari interventi tornavano spesso due
parole-chiave : “nominabilità” e “differenza”, con tutti i loro sinonimi e in tutte le loro articolazioni.
In particolare, si è cercato di mettere in luce i possibili inizi di un mutamento di atteggiamenti
che si sta facendo strada nelle istituzioni socio-educative ; verificare in che direzioni si muova la
trasformazione degli orientamenti assunti dalle figure istituzionali nei loro contatti con il mondo
adolescenziale ; capire se e come i vari saperi, le varie discipline si sentano interpellate da questi
contatti ; individuare infine quali modelli culturali possano emergere dietro questi cambiamenti e
quale sviluppo successivo se ne possa intravedere.
Pertanto, nell’organizzazione della Giornata di studio si è cercato di dare spazio a voci
diverse, a saperi diversi, a istituzioni di vario tipo, che condividessero però l’impegno educativo
rispetto alla crescita dei soggetti giovani. Accanto a queste voci si è aperto anche uno spazio per
voci di adolescenti, diversi tra loro, maschi e femmine, omosessuali ed eterosessuali. E possiamo
dire che in tutti gli interventi è stato rispettato il criterio di fondo : quello di aprire una riflessione
che fosse il meno possibile ideologica ed emozionale, ma che invece rispettasse la realtà e le sue
sollecitazioni, promuovesse l’ascolto attento e la capacità di dialogare.
Per tutte queste ragioni pensiamo che la pubblicazione dei contributi espressi nella Giornata
di studio potrà costituire uno stimolo positivo alla riflessione, offerto specialmente a educatori,
insegnanti, animatori, ma in genere a tutti coloro che sono impegnati nei loro campi di lavoro con
soggetti in crescita.
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Il primo contributo, di Gustavo Pietropolli Charmet, offre alcuni punti di riferimento molto
importanti circa i cambiamenti in atto nella percezione che il mondo adulto sembra avere
dell’omosessualità in età adolescenziale. Questi dati sono desunti dalla vasta esperienza di
consultazione psicologica che l’istituto Il Minotauro svolge per adolescenti in crisi, con particolare
attenzione alle tematiche affettive e sentimentali. Di quali cambiamenti si tratta ? Anzitutto, su un
piano generale, c’è l’abbandono delle definizioni psicoanalitiche classiche, che vedevano
nell’omosessualità un tipo di “resistenza alla crescita” : oggi prevale, rispetto a questo fenomeno,
una prospettiva di ascolto, sostegno, accompagnamento. Inoltre questa prospettiva è facilitata dal
fatto che i nuovi ruoli genitoriali (in primo luogo quello materno) appaiono molto più orientati a
incrementare nei figli l’autorealizzazione che non la prospettiva di una continuità generazionale.
Infine, il gruppo dei pari è anch’esso maggiormente portato ad accogliere e ad elaborare gli affetti,
facilitando la “nascita sociale” dei suoi membri. In base a tutti questi fattori, sembra si stia andando
verso una trasformazione degli atteggiamenti che dovrebbe garantire sempre maggiore accoglienza
alla situazione dell’adolescente omosessuale.
Il contributo di Stefania Zaccherini Marangoni adopera, già nel titolo, l’espressione “nei
paraggi della diversità” per sottolineare come l’esperienza della differenza, nei suoi aspetti
silenziosi di disagio, dubbio, paura, come in quelli gioiosi della possibilità di aprirsi, rivelarsi,
gridare la propria diversità, possa venir vissuto da maschi e femmine, da omosessuali e da
eterosessuali, e faccia parte comunque della specificità di ogni individuo. Il “coming-out”, il “venir
fuori”, come esperienza di un percorso non solo intrapsichico ma comunicabile agli altri, può essere
in questo senso applicato anche al processo di liberazione avvenuto in seno al movimento delle
donne, o dovunque sia necessario de-costruire una identità culturalmente imposta per poter
riconoscere le proprie genuine esigenze di identificazione. Di qui l’importanza di percorsi di
formazione che aiutino a riconoscere e far riconoscere le diversità, a rendere più competenti
nell’ascolto, nella comunicazione, nell’empatia, a sperimentare che, quando l’adulto si mette in
dialogo con gli adolescenti, questo contatto diventa fonte di ricerca e di arricchimento reciproco.
Roberto Del Favero parte dalla considerazione che nella nostra cultura l’adolescenza, anziché
essere (come spesso viene auspicato a parole) “lo spazio nel quale gli adulti con rigore e rispetto
accompagnano la persona alla scoperta e definizione del proprio Sé unico e irripetibile”, nella realtà
diventa il periodo dell’imposizione di modelli rigidi, di attese stereotipate, di intolleranza all’ascolto
dei bisogni reali e soprattutto di quei bisogni che riportano alla specificità e originalità della
persona. Ciò significa che l’adolescente omosessuale vive un disagio in più all’interno di quel
“disagio del crescere” che già connota il tempo del suo sviluppo. “Ciò che a lui succede non è
nominato” : di qui i sensi di solitudine e isolamento, che spesso portano alla disistima di sé, al
bisogno di auto-distruzione, all’implosione psichica. Anche in questo intervento si fa strada la
convinzione che la sofferenza dell’adolescente omosessuale rimanda alla più generale sofferenza
legata al rivelarsi “diverso” in un contesto nel quale è ancora scarsa la cultura delle diversità. Per
cui risulta urgente investire energie puntando seriamente sui due supporti fondamentali per gli
adolescenti : la famiglia e la scuola.
Il discorso sul processo evolutivo adolescenziale è ripreso da Roberta Giommi, la quale
sottolinea come nella nostra cultura, accanto al riconoscimento dell’eguaglianza di opportunità per
ogni individuo, garantita anche dalla legge, manchi però una riflessione adulta capace di rompere la
pesante stratificazione educativa dei ruoli, di instaurare un reale ascolto dei disagi dell’adolescente e
una reale accettazione delle differenze. Tutto ciò si ripercuote sulle modalità con le quali la famiglia
e la scuola si pongono di fronte all’omosessualità dei propri membri adolescenti. Viene però
ribadito che, rispetto alla compresenza delle differenze, la prospettiva giusta non è quella della
“accettazione”, che presuppone un soggetto attivo e uno passivo, ma piuttosto quella della
“complementarietà” effettiva delle differenze.
Dopo questi interventi ha avuto luogo una Tavola Rotonda coordinata da Gianni Vattimo sul
tema “Le discipline si interrogano sulla innominabilità”. Vi hanno partecipato Marcello Bernardi,
Anna Fabbrini, Rita Gay, Chiara Saraceno. Dei loro interventi si dà la registrazione nel presente
volume. Qui possiamo anticipare il punto di vista concorde di tutti i relatori, per i quali
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l’”innominabilità” dell’omosessualità nelle varie discipline è facilmente desumibile dal fatto che in
esse è ancora abbastanza difficile parlare di sessualità : il che non esclude che siano percepibili
alcuni spiragli atti a far sperare in un incipiente cambiamento.
Particolarmente stimolante è l’intervento degli operatori dell’ASL Milano (ex-USL 41), che
riferiscono circa le esperienze di “educazione sessuale” tenute in alcune scuole superiori con una
metodologia estremamente attiva e sempre in revisione, perché modulata sulle reazioni dei ragazzi e
sul vissuto degli operatori. Il gruppo di questi ultimi, sottoposto a una costante supervisione,
conosce momenti di approfondimento, di crisi e di cambiamento che si ritengono inevitabili e anzi
positivi in un percorso di educazione alle diversità.
Ancora sui metodi attivi di educazione alle differenze si fonda il contributo di Francesco
Pivetta, secondo il quale, piuttosto che richiamarsi a concetti teorici di stampo illuministico (“siamo
tutti uguali”), si deve puntare sulle risorse stesse dell’adolescente, spesso trascurate, e sulle sue
stesse esperienze. L’educazione alle diversità passa attraverso l’educazione ai sentimenti e
all’affettività, e questa è una direzione trasversale irrinunciabile. E’ quindi necessario preparare
adeguatamente il personale insegnante, finora rimasto lontano dal mondo affettivo degli
adolescenti. A questo proposito il relatore riferisce, a titolo di esemplificazione, alcune interessanti
esperienze condotte in un istituto superiore genovese, nelle quali sono stati coinvolti, con particolari
modalità, anche alunni di quinte classi elementari.
Dal pianeta famiglia proviene la voce di Paola Dell’Orto, presidente dell’AGEDO, che
descrive efficacemente la sua esperienza di madre di fronte alla rivelazione dell’omosessualità del
figlio. E’ particolarmente toccante la descrizione del suo capovolgimento di ottica, e delle varie fasi
di una trasformazione mentale paragonabile al passaggio “da un mondo a un altro”. La sua attuale
posizione di responsabile dell’Associazione genitori di omosessuali le permette inoltre di dare un
quadro della situazione generale dei ragazzi omosessuali che si trovano a dover fare i conti con
famiglie (e altri contesti) incapaci di sostenerne la crescita.
La Giornata di studio si è conclusa con un’animata Tavola Rotonda, coordinata da Barbara
Mapelli, sul tema “Ragazze e ragazzi, uguali e diversi : ma da chi ?”. Ad essa hanno partecipato
studentesse e studenti di istituti superiori milanesi : i loro interventi sono stati accuratamente
registrati, così come qui li riportiamo, nella loro freschezza e sincerità. Essi sembrano davvero
confermare che, per qualsiasi intervento educativo, è dalle risorse dei ragazzi che bisogna partire :
ci suggeriscono il modello di come procedere.
Nel corso della Giornata di studio, si è notata anche l’assenza di un accenno specifico
all’omosessualità femminile. Ci è sembrato quindi di poter dare spazio su queste pagine, accanto ai
contributi già esaminati, ad uno scritto di Maria Giuseppina Di Rienzo sul tema “L’assenza della
voce lesbica”. Va tenuto presente che, trattandosi di un contributo sganciato dal contesto della
Giornata di studio, esso si distacca in parte dalla linea degli interventi precedenti, per lo più
incentrati sull’apporto delle istituzioni educative a un possibile cambiamento di ottica nei confronti
dell’omosessualità. Riteniamo però che siano presenti in esso elementi significativi, atti ad
arricchire la riflessione non solo su questo tema, ma anche sulle prospettive possibili di quella
“educazione sentimentale” che è la cenerentola della nostra cultura educativa : una cultura che ha
bisogno di un cambiamento profondo, per rivolgersi all’essere umano nella sua interezza.
E’ possibile dare una valutazione critica della Giornata di studio i cui contributi sono qui
raccolti ?
A parte l’evidente successo dell’iniziativa, testimoniato dal numero delle presenze e
dall’attenzione costante con cui tutti gli interventi sono stati seguiti, è certamente possibile
accogliere valutazioni diverse dei contenuti offerti.
Il lettore potrà, scorrendo i testi qui riportati, farsi una propria idea del senso di questa
esperienza. Qui ci limitiamo perciò a pochi rilievi di fondo.
Scegliere come tema trasversale a tutti gli interventi quello della possibile “nominabilità”
della condizione omosessuale accanto a tante altre differenze già nominabili, vuol dire
inevitabilmente trovarsi di fronte a modi diversi di valutare questo tipo di scelta.
sonardj
00lunedì 9 febbraio 2009 03:28
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