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RECENSIONE SULLA HEINEMANN
Il clamoroso successo del libro di Uta Ranke-Heinemann, Eunuchi per il regno dei cieli (ed. Rizzoli 1990), può essere spiegato col fatto che per la prima volta in Italia qualcuno (in questo caso una donna) ha avuto il coraggio di analizzare, con grande pazienza e serietà, duemila anni di storia della morale sessuale cattolica. Prima di lei (stando almeno alle pubblicazioni in lingua italiana) lo aveva fatto, ma con esclusivo riferimento ai "culti fallici" nelle diverse religioni, H. Cutner, Breve storia del sesso nelle religioni, ed. Longanesi. Né va dimenticata la Storia della sessualità di Foucault. Un contributo interessante ma settoriale era stato quello di M. Pilosu, La donna, la lussuria e la chiesa nel Medioevo, ed. ECIG.
Paradossalmente il "piacere" offerto dalla lettura del libro di Uta sta proprio nelle continue citazioni di espressioni patristiche, conciliari, di teologi medievali, canonisti, giuristi, dei vari moralisti di ogni tempo...: una vera carrellata di pregiudizi e assurdità, che praticamente oggi si commentano da sole. L'Autrice infatti non offre riflessioni particolarmente originali: da almeno 20 anni il movimento femminista ha già abbondantemente acquisito i principi fondamentali della critica alla morale sessuale cattolica. Bisogna tuttavia riconoscerle l'immane lavoro compiuto (per il quale peraltro ha perduto la cattedra): un lavoro tanto vasto sul piano storico quanto rigoroso su quello filologico, e difficilmente contestabile su quello etico.
L'unico rilievo che mi sentirei di fare è che di tanto in tanto si ha l'impressione che l'Autrice voglia lasciar credere (dominata forse dalla polemica) che un qualunque comportamento sessuale, sostenuto ovviamente dall'amore e dalla libertà personale, non può avere alcuna conseguenza sull'individuo. In realtà è difficile pensare che un'intensa attività sessuale non abbia effetti collaterali sulla persona. E' vero: per vietare questo "attivismo" i teologi han detto cose a dir poco riprovevoli, perché legati sostanzialmente a un'ideologia pessimista che individuava il peccato nel piacere in quanto tale. Ma possiamo dire con certezza, sulla base dei dati scientifici disponibili, che una qualunque attività sessuale è lecita se suffragata dal sentimento dell'amore? Indirettamente, contro la loro stessa volontà, non possono forse aver detto, quei teologi, alcune cose vere, che meriterebbero di trovare una qualche conferma da un'analisi scientifica obiettiva? Oppure la scienza, scendendo in un campo così spinoso, dove al giorno d'oggi nessuno ha più intenzione di farsi mettere in crisi, ha timore di contraddire l'uso-facile, consumistico con cui oggi la gioventù e non solo la gioventù, sollecitata dai media, gestisce la sfera della sessualità?
Non fu forse Freud a dire che un'autolimitazione della sessualità porta a una sublimazione artistica o intellettuale? E' così inverosimile quell'idea di Berdjaev secondo cui il Rinascimento fu possibile anche perché nel Medioevo si erano concentrate enormi energie? Certo, il Medioevo non permise all'uomo di manifestarle, e il Rinascimento lo fece in antitesi al Medioevo. Ma lo storico deve andare al di là dei limiti assurdi che gli uomini si impongono a causa delle loro ideologie: deve cioè scoprire il vero anche nel falso.
Difficilmente comunque un cattolico potrebbe rimanere tale dopo aver letto un libro del genere: in tal senso il contributo dell'Autrice è stato davvero grande. Nondimeno stupisce che, invece di maturare idee ateistiche, la suddetta sia passata dalla confessione luterana a quella cattolica.