Psicologia Umanistica e Artiterapie

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
sonardj
00mercoledì 21 novembre 2007 23:55
Psicologia Umanistica e Artiterapie
un'integrazione quanto mai attuale, fertile e flessibile

È centrale in questo nome, Psicologia Umanistica, il concetto di armonia, non intesa come omeostasi, cioè eliminazione di ogni tensione, già assente dalle teoriepsicoanalitiche e comportamentiste, bensì come individuazione di un percorso in cui, con l'individuo cliente/paziente, il terapeuta ricerca l'accettazione e promuove fasi momentanee di "caos", tese a creare livelli superiori di ordine e organizzazione. Come avviene ciò?...

Attraverso processi di crescita interna e di modificazione creativa dell'ambiente. Armonia, dunque, come realizzazione più piena delle potenzialità individuali attraverso fasi di luce/ombra; un concetto, questo, ampiamente accolto e sviluppato dalla Psicologia Umanistica.

Soffermiamoci un momento sulla prima delle due grandi componenti filosofiche che hanno improntato questa corrente di pensiero. Il nome "Umanistica" si ricollega idealmente all' umanesimo che, nel terzo secolo, espresse un concetto innovativo, in cui l'uomo vedeva se stesso e ritrovava la capacità e la voglia di porsi al centro del proprio mondo, riprendendosi la consapevolezza e la responsabilità della propria vita, senza delegare il proprio destino a forze occulte, a Dio, alla chiesa o allo Stato.

Il termine umanesimo deriva da "studia humanitatis", la più bella espressione con cui Cicerone aveva qualificato tutto ciò che fosse atto a promuovere l'integrale sviluppo dei valori umani nell'uomo; ma l'umanesimo non fu solo un episodio letterario, bensì un fenomeno di enorme portata scaturita da una nuova visione della vita nella molteplicità dei suoi aspetti. L' Umanesimo è già Rinascimento ed è l'espressione di quello spirito innovatore che dalla fine del Trecento e a tutto il Quattrocento avvia un processo di rivitalizzazione culturale e artistica nella piena coscienza del distacco dai secoli bui del medioevo.

Gli Umanisti cercarono l'immmagine di sé stessi, una patria dell'anima. Gli Umanisti intesero il passato come punto di riferimento ideale necessario all'uomo moderno per l'ardita costruzione del suo nuovo destino. La filosofia umanistica fa dell'uomo il centro dell'universo, lo celebra artefice e arbitro del suo cammino, ne esalta l'intelligenza intuitiva e creativa, l'energia con la quale assoggetta la fortuna e costituisce il mondo della sua storia.
L’umanesimo fu un fenomeno che segnò la nascita della moderna civiltà.

La dignità e l'eccellenza dell'uomo: ecco il tema dei temi! Imparare a essere sé stessi attraverso un'imitazione originale, creativa: come l'ape che trasforma in miele, prodotto solo suo, i vari succhi assunti dai fiori.

Homo faber ipsius fortunae: l'uomo è fabbro della propria sorte; ha, cioè, la possibilità di progettare, forgiare se stesso in mille forme camaleonticamente diverse. L'uomo deve dunque costruire e conquistare per se stesso il proprio posto nell'essere. Questa stessa visione dell'uomo la ritroviamo sorprendentemente attuale e viva nella Psicologia Umanistica integrata con quella del futuro umanesimo, ove l'uomo é ormai senza Dio (Marx, Feuerbach, Nietzsche, Sartre); c'è un filo, dunque, che lega l'Umanesimo all'altra, più diretta e articolata, radice filosofica della Psicologia Umanistica: l'esistenzialismo. L'esistenzialismo è stata quella corrente di pensiero europeo del IXX e XX sec. che ha sottolineato la condizione drammatica dell'uomo assediato dalla solitudine e dall'impotenza del suo "essere gettato nel mondo", eppure capace di reagire con la creatività e con le sue libere scelte. Dall'esistenzialismo la Psicologia Umanistica ha mutuato, dunque, l'insofferenza per il pensiero filosofico e psicologico tradizionale perchè accademico, astratto e lontano dalla vita e un'allergia per le concezioni sistematiche delle scienze. Rilevanza prioritaria ha il rapporto tra uomo e realtà cioè quel valorizzare il modo personale e unico di vivere la propria realtà che caratterizza ogni persona, già individuato da Kierkegard; immensa importanza hanno l'impegno, la scelta, la decisione! Temi ampiamente ripresi e interpretati dai grandi pensatori esistenzialisti (da Heidegger a Jaspers, da Sartre a Camus), come momenti cruciali nel processo di autorealizzazione dell'essere umano. È esplicitante ricordare la visione di Camus fedele alla radice libertaria dell' Umanesimo, che non individuò mai nei miti salvazionisti la sorgente della felicità. Nel mito di Sisifo, una delle sue ultime opere, egli chiarisce quest'intuizione: guardo, dice, Sisifo ai piedi della montagna. L'universo ormai privo di un padrone non gli sembra nè sterile nè inutile: la lotta strenua per salire alle grandi altezze può bastare a colmare il cuore dell'uomo. Possiamo immaginare un Sisifo felice!

Forse si è chiusa una Gestalt!

Psicologia Umanistica era il nome di una rivista fondata nel 1961 dallo psicologo americano Anthony Sutich e lo stesso nome fu adottato da Abraham Maslow nel 1962 quando fondò, con un gruppo di psicologi, una nuova associazione che si proponeva come finalità essenziale di studiare le dinamiche emozionali e le caratteristiche comportamentali di un'esistenza umana piena e vitale coagulando intorno a sè un movimento aperto non solo agli specialisti, ma a tutti quelli che ne condividessero lo spirito, la cosiddetta Terza Forza decisa: contestare le pretese monopolistiche e le concezioni deterministiche degli indirizzi psicologici già storicamente affermati: la psicologia dinamica e la psicologia comportamentista.

- Attenzione sulla persona e sull'esperienza;

- Interesse per qualità umane come la scelta, la creatività, l'autorealizzazione.

- Priorità al bisogno di significatività.

- Valorizzazione della dignità della persona.

- Interesse allo sviluppo del potenziale di ogni essere umano.

Questi furono i temi portanti. Contribuirono al movimento una quantità di nuove scuole americane ed europee: dalla terapia non direttiva di Carl Rogers alla Gestalt di Fritz Perls, all'analisi transazionale di Eric Berne, alla bioenergetica di Alexander Lowen, dalla psicosintesi di Assagioli alla logoterapia di Franke. Con profonde differenze metodologiche, ma con in comune la tendenza a privilegiare l'emozione e l'esperienza, rispetto al concetto e alla teoria, nel processo terapeutico.

Nel 1970 si tenne ad Amsterdam il 1° congresso internazionale di Psicologia Umanistica; una delle tendenze fondamentali che emerse fu che la persona umana può e deve essere studiata nella sua interezza, rivendicando la comprensione anzichè l'interpretazione, quale strumento ottimale per lo studio dell'uomo.

Su un altro concetto si trovarono a concordare: la tendenza all'autorealizzazione; intuita già nel 1939 da K.Goldestin neuropsichiatra tedesco e sviluppata poi da C.Rogers, R. May, V. Franke, C. Buhler, Maslow, ecc.

Quali sono dunque, per la Psicologia Umanistica, i significati e le finalità dell'esistenza? Solo la singola persona può trovare i significati e gli scopi della propria vita, tuttavia gli psicologi umanisti ritengono che significato e finalità gravitano in tutti gli esseri umani intorno a due poli cardinali:

- dare e ricevere amore.

- perseguire creativamente una ricerca e/o un impegno.

Questa filosofia e le esperienze hanno fatto sì che la psicologia umanistica avesse un'estensione, successivamente, "nella sfera sociale": ha infatti influenzato attività lontane da quelle della psicoterapia, come l'arte, l'educazione, la politica, lo sport, le aziende, la medicina, ecc, poichè ogni rapporto sociale è in realtà un rapporto tra esseri umani. In quest'ottica si riallaccia anche la diffusione della dimensione gruppale nell'attività psicoterapeutica, parlo della terapia di gruppo e dei gruppi esperienziali di incontro.

Ho accennato alle estensioni della Psicologia Umanistica nella società attuale; analizziamo anche un altro aspetto presente e di particolare interesse per noi nel sociale; vorrei prendere in esame l'idea di salute/malattia. Il concetto di malattia/cura/salute ha assunto diversi significati in riferimento ai vari momenti storico-culturali della società; le polarità su cui si è mosso l'intervento terapeutico sono state essenzialmente due: "aiuto alla persona o difesa della società" con un'adesione più o meno rigida a quest'ultima a seconda delle esigenze di difesa che la società richiedeva nelle varie epoche storiche. Notiamo infatti che a mano a mano la società si è fatta più complessa e di conseguenza più vulnerabile, il concetto di malattia, come qualcosa che non riguarda il singolo ma tutta la collettività, si è andato via via perdendo. Si sono prodotte così classificazioni molto rigide del concetto di normale/anormale a danno dei soggetti più deboli che divenivano capri espiatori delle tensioni sociali, mi riferisco alla ideologia medico-positivistica. Freud iniziò una ricomposizione per pervenire ad una nuova sintesi che andasse oltre questa scissione: la differenza è rappresentata, non dalla qualità della psiche ma dai conflitti che l'individuo deve fronteggiare per soddisfare i propri bisogni in una società che li reprime. Da Reich, dai neo-Freudiani e dalla Psicologia Umanistica in particolare saranno poi prese in considerazione le contraddizioni politico-sociali in una visione storica più profonda per comprendere l'influenza e l'interazione dell'ambiente sull'individuo.

La Psicologia Umanistica, e con essa l' Arteterapia, si pone, rispetto all'individuo e alla società, come momento integrativo, sia delle posizioni più antiche che sostenevano l'individuo, sia di quelle positivistiche che invece assolvevano la società e colpevolizzavano l'individuo, superando anche le concezioni psicanalitiche nel considerare il contesto in cui la persona vive la sua storia.

Individuo, dunque, come globalità.

Vita umana come un "continuum" di comportamenti.

Concezione olistica della realtà.

È interessante un parallelismo, un'analogia su cui riflettere: un proverbio maori, una tribù della Nuova Zelanda, dice: "C'è una fonte di insoddisfazione nel cuore dell'uomo, da cui escono il malumore e l'ansia"; in questa Cultura si pensa che all'origine della malattia ci sia stata una mancanza di riconoscimento sociale e la guarigione avviene dando al paziente le cose che egli desidera. È per questo che il malato diventa per quindici giorni il re della tribù e viene considerato con tutti gli onori e le attenzioni che di solito vengono a questi tributati.

Per noi la consapevolezza che ne deriva è che la salute consiste nel realizzare la propria natura, nell'attualizzare le proprie potenzialità e nel raggiungere la maturità atrraverso una crescita dall'interno e non un modellamento dall'esterno; quindi tutto ciò che disturba o impedisce l'autorealizzazione può essere per l'uomo sintomo e causa della perdita della salute stessa.

Dunque, se accettiamo che i bisogni si realizzano solo nel rapporto del singolo con l'ambiente è evidente come il disagio, la sofferenza, la malattia, sono per l'individuo espressione diretta delle contraddizioni che si sviluppano oggi nel nostro sistema sociale; sono cioè lo sforzo stesso della persona per costruirsi dei meccanismi di adattamento nel cercare un equilibrio tra il sè e il non sè; tra l'io e il tu, tra sè e l'altro, tra sè e l'ambiente.

Oggi gli stessi conflitti che erano alla base delle nevrosi classiche si esprimono per altre vie, come terapeuti, come counselors, ci troviamo, e ci troveremo, a lavorare non tanto sulle polarità salute/malattia - normalità/anormalità ma su quella di felicità/infelicità. Lavoriamo dunque sui modi della sofferenza e sulle possibili soluzioni della sofferenza stessa; si tratta di operare con persone non tanto affette da malattie ma colpite dalle stesse infelicità del terapeuta, di dialogare affinchè l'infelicità diventi minore o sia, perchè no, sostituita da sprazzi di felicità. Per far questo il terapeuta non ha modelli da fornire. Ha sola la possibilità di costruire assieme al suo interlocutore, per se stesso e per l'altro, prefigurazioni di felicità abitanti in mondi possibili, alle quali a volte si può accedere, a volte no, dipende da tanti fattori soprattutto però dipende dalla capacità e disponibilità degli interlocutori di abbandonare gli scenari abituali per saltare o spostarsi in scenari nuovi che l'estro e la tecnica gli suggeriscono.

Abbiamo così identificato il campo d'intervento ove opera l'Arteterapia cresciuta e facente parte del fertile filone della Psicologia Umanistica e come, mediante Gruppi Terapeutici e d'incontro o terapia individuale.

L'Arteterapia infatti risponde molto bene al bisogno di conoscere se stessi più profondamente, di dare direzionalità e significato a questa meravigliosa avventura che è la nostra vita. Avventura intesa non come un ulteriore prodotto di mercato, preconfezionato da una qualsisasi agenzia di viaggi, ma come risposta a un richiamo ancestrale all'avventura, come divenire con il suo corredo di pericoli e di impegno, ma anche di scoperte e di sensazioni esaltanti. Un richiamo questo, ineludibile che ognuno di noi porta dentro di sè. Se vogliamo dare voce a questo piccolo Ulisse, intraprendiamo il nostro viaggio alla scoperta di un sogno, di un nuovo continente, di un nuovo mondo: noi stessi, per fare creativamente della nostra vita un'opera d'arte!
sonardj
00mercoledì 21 novembre 2007 23:56


ARTE E TERAPIA: PERCHÈ

L'immagine artistica: ottimizza e attua una comunicazione interpersonale

L'immagine artistica: valorizza la comunicazione non verbale

L'immagine artistica: facilita la rappresentazione del percorso dell'esperienza personale

L'immagine artistica: permette ed evidenzia la consapevolezza e il confronto del vissuto individuale in relazione a quello dell'altro

L'immagine artistica: valorizza la frantumazione dei linguaggi

L'immagine artistica: facilita una ottimale "contaminazione" fra culture differenti

L'immagine artistica: come portatrice di significati emotivi non convenzionali

L'immagine artistica: è un contenitore flessibile per i problemi esistenziali avendo qualità di ambivalenza e ambiguità

L'immagine artistica: attivatrice di modalità di pensiero divergente

L'immagine artistica: permette il passaggio dal mondo concreto al mondo simbolico

L'immagine artistica: può essere esperienza del piacere (e non del dovere)

L'immagine artistica: permette un'esperienza duplice e plastica, (realtà & fantasia - piacere & realtà)

E quant'altro ancora!! Tutto ciò è mirabilmente sintetizzato dalle parole di grandi artisti, che sanno, forse senza sapere di sapere, che parlano al nostro cuore e anticipano ciò che talora la scienza scopre successivamente, sistematizzando e spiegando con fatti e metodi differenti. Ho scelto alcune frasi che mi sono care, ove gli autori, con grande acutezza e sensibilità, ci rimandano a quelle potenzialità insite nel fare; dunque arte per la terapia, per il Ben-Essere della persona. Emisfero destro ed emisfero sinistro? Un'integrazione possibile, finalmente!

"Le cicatrici che rimarginano, i colori che corrispondono". Wassily Kandisky

"Ma forse - pensavo - la mia arte è l'arte di un pazzo, un mercurio scintillante, un'anima blu che irrompe nei miei quadri. March Chagall

"Bisogna saper salvaguardare la freschezza con la quale un bambino esplora le cose, bisogna proteggere questa innocenza. Per tutta la vita uno deve essere fanciullo e al tempo stesso uomo che ricava la sua energia dalle cose".

"Un'unica tonalità non è che un colore: due tonalità sono un accordo, sono una vita." Henry Matisse

"Io non dico tutto, ma dipingo tutto. Pablo Picasso

"Dipingo come un uccello canta". Claude Monet

"Il colore esprime qualcosa di per sé". Vincent Van Gogh

"La luna sembra essere essa stessa un sogno del sole che regna su un mondo di sogni". Paul Klee
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 21:00.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com