L'eretico della psiche

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sonardj
00giovedì 22 novembre 2007 00:00
Lacan
L'eretico della psiche



Con l’invenzione della psicanalisi, Freud intendeva dare avvio a una ricerca differente dalla nosologia psichiatrica, dalla sistematica filosofica e dalle ipotesi antropologiche in voga all’inizio del secolo in Europa. Neurologo senza vocazione, egli dedica la sua vita alla psicanalisi non come nuova branca scientifica o umanistica ma come vera e propria missione. Il cammino è difficilissimo e le acquisizioni, parziali e indefinite ciascuna volta, sono pretesto per altre ricerche, per il proseguimento dell’analisi, per la disposizione costante all’ascolto e alla scrittura. Freud scrive molto, racconta i suoi casi, riflette e elabora il triplice aspetto di una prima e di una seconda topica dell’inconscio come indici di un’impossibile unificazione e universalizzazione della teoria e della pratica psicanalitiche. Ma, dopo di lui, mezzo secolo di freudismo e associazionismo psicanalitico, sotto l’egida del ligittimismo, ha ripensato la psicanalisi come una disciplina umanistico-scientifica o come una corrente di pensiero filosofico ben accetta dal marxismo e dal leninismo, privandola cioè di quell’interesse originario da cui aveva preso avvio in quanto istanza internazionale e intersettoriale, lontana dai concetti di malattia e di guarigione.

Questo il destino della psicanalisi in Europa e in America dopo la morte di Freud. In Francia non ebbe destino differente: la psicanalisi alla francese si è adattata alla filosofia cartesiana, senza nessuna innovazione né nella pratica né nella teoria. Il ramo francese della International Psychoanalytical Association (IPA), capeggiato da Marie Bonaparte, raccoglieva per la maggior parte psicanalisti di passaggio, diretti in America, "tecnici" di una psicanalisi a torto chiamata freudiana, che risentiva di un tecnicismo delle regole riadattato da Ernest Jones, presidente dell’IPA all’epoca della morte di Freud e assunto come legittimo erede della teoria freudiana nonostante qualche contributo, qua e là, degli stessi componenti dell’Associazione abbia dato vita a varie correnti. Questo fino all’inizio degli anni cinquanta. Dal 1953 al 1981, la psicanalisi in Francia è Jacques Lacan, cui è dedicato il libro di Élisabeth Roudinecso – psicanalista e storica della psicanalisi francese – Jacques Lacan. Profilo di una vita, storia di un sistema di pensiero, uscito in questi giorni da Raffaello Cortina Editore. Se pure si presenta come unica biografia completa di Lacan dandone una versione storicistica, gli avvenimenti sono troppo recenti per intendere la portata dello stesso Lacan e il ruolo assunto nella storia della psicanalisi. L’approccio a Lacan è difficilissimo per ciascuno che si accosti alla psicanalisi. In questo libro è un approccio non privo di malintesi, di trappole ideologiche, di testimonianze appena accennate. La storiografia è ciò che succede prima, durante e dopo Lacan nell’ambiente psicanalitico francese: e cioè senza nessun interesse se priva della lettura del testo di Lacan, testo non ancora interamente né integralmente pubblicato e quindi spesso travisato, non inteso, e nonostante questo spiegato e commentato, accettato e rifiutato.

Jacques Lacan, nato a Parigi nel 1901, cattolico, si forma nell’ambito psichiatrico. La psichiatria nella Francia negli anni trenta proveniva dall’esperienza di Charcot, maestro di Freud in materia di isteria, di Kraepelin e di De Clérambaut, quest’ultimo assunto da Lacan come referente psichiatrico della sua tesi di laurea del 1932, tesi che diventerà famosa per uno dei pochi casi clinici, il caso Aimeé, trattato da Lacan secondo l’ideologia psichiatrica del tempo che aveva recuperato nel sistema ideologico filosofico cartesiano la psicologia di Janet, la filosofia di Kant, Hegel, Marx, Spinoza, Heidegger, Nietzsche e gli elementi principali dei movimenti letterario-artistici quali il surrealismo e, attraverso questi, la psicanalisi. Giovane, impaziente, innovatore, fermamente deciso a far parte della storia, Jacques Lacan decide di occuparsi di psicanalisi e di seguire, in un primo tempo, la via della legittimazione freudiana attraverso la formazione classica all’interno dell’IPA. Subito dopo la tesi, incomincia l’analisi con Rudolph Loewenstein, psicanalista ebreo, che durerà sei anni ma che non sarà affatto provocatoria rispetto a Lacan che intanto acquisiva una formazione filosofica, antropologica, linguistica, matematica. Suoi compagni d’avventura fino al 1953 furono, Alexandre Kojève, Georges Bataille (di cui sposerà la moglie, Sylvia Bataille e dalla quale avrà una figlia cui potrà dare il suo nome solo dopo molti anni), Claude Lévi-Strauss, Maurice Marleau-Ponty, Roman Jakobson, Louis Althusser e, sullo sfondo, Sartre, Camus, Foucault, Derrida e molti altri protagonisti del movimento culturale francese degli ultimi decenni. Incuriosito e affascinato dallo strutturalismo e dalla logica formale, legge Freud con ben altra inquietudine linguistica degli psicanalisti della sua epoca. E se Freud è il primo, Lacan si pone come secondo rispetto all’invenzione della psicanalisi. Egli si muove anzitutto sul terreno della clinica ed è quanto basta per stabilire un’altra modalità d’intervento per esempio rispetto alla cosiddetta analisi didattica (e cioè alla formazione e all’insegnamento degli analisti) e all’instaurazione di un altro tempo rispetto al ritmo e alla "durata" delle sedute. L’epoca diventa il presupposto, ma la portata di Lacan, nella sua lettura di Freud, si trova nell’esigenza di qualità che procede fin dall’inizio dal rigore logico e teorico della sua esperienza. Questi elementi lo porteranno, nel 1953, dopo una prima "ammonizione" da parte dell’IPA, alla costituzione della École Freudienne de Paris (EFP). Fino al 1963, data della definitiva "scomunica" dal legittimismo freudiano, Lacan tiene vari Seminari (prima all’ospedale Saint’Anne, poi alla facoltà di filosofia). Dal ’64 viene invitato da Lévi-Strauss e da Althusser all’École Normal, da cui però verrà allontanato nel ’68. Dal ‘69 e fino al 1978, prosegue in un anfiteatro alla facoltà di diritto. I suoi Seminari, affollatissimi e, certamente, indici di un’epoca (il sessantottismo), restano come testimoni della novità, del rigore e della provocazione lacaniani. Dalla pubblicazione degli Scritti nel ‘66, la teoria lacaniana, pur se incomprensibile e molto complessa, era scesa nelle piazze (vari slogan del ’68 venivano presi dal testo di Lacan) e aveva fatto presa non solo sugli analisti ma anche sull’università e sugli intellettuali. L’elaborazione lacaniana più interessante è di quegli anni e viene trasmessa attraverso i Seminari. Lacan si basa su appunti e note, ma non scrive il testo. Alla sua morte (1981), l’eredità testamentaria viene affidata a Jacques-Alain Miller, marito della figlia, e da sempre propostosi per "stabilire" il testo del suocero, per spiegarlo, per legittimarlo. Dall’inizio degli anni ottanta, dopo attacchi violentissimi contro Lacan, dopo la demonizzazione delle istituzioni psicanalitiche e universitarie, dopo lo scioglimento della EFP fatto dallo stesso Lacan nel 1980, in Francia proliferano associazioni psicanalitiche lacaniane e antilacaniane che, accanto a quelle freudiane e antifreudiane, tentano di appropriarsi della verità e della significazione del termine "psicanalisi", termine che Lacan ha, a suo modo, reinventato ma senza significarlo. (95-96)
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