Il simbolo del cuore

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00martedì 18 marzo 2008 15:20
Il simbolo del cuore

di G. C.

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Il simbolo del Cuore, presente nelle sapienze tradizionali d'Oriente e d'Occidente, è il più adatto ad esprimere un'attitudine esoterica autentica nel contesto storico-culturale della nostra epoca.

Il richiamo all'oggi non significa che l'insegnamento esoterico muti nella sua essenza, ma che il Principio, il divino, rivela sempre nuovi aspetti della sua ricchezza infinita, senza che questo nulla aggiunga alla sua infinita Perfezione.

Quel che dal punto di vista del Principio è immutabile, dal punto di vista del mondo è spesso nuovo ed imprevedibile, e coloro che rifiutano il Vivente perché schiavi delle formule della Legge, i Farisei di sempre, insensibili al Gioco, si condannano alle "tenebre esteriori". Perciò molti vecchi insegnamenti e riti vanno decisamente abbandonati, altri integrati nei nuovi, nello spirito indicato nel Vangelo di Matteo secondo cui " ... ogni scriba divenuto discepolo del Regno dei Cieli è simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche". Il simbolo del Cuore, spesso assimilato nelle varie tradizioni al sole, può attualmente operare questa integrazione.

Cuore indica in generale il centro dell'essere, il luogo in cui si svelano i significati profondi, al di là delle connessioni stabilite dalla razionalità; il Cuore è la 'camera luminosa' dove il 'mentale', il cervello, come sosteneva Ramana Maharshi, può attingere la luce che gli impedisce di girare a vuoto e di perdersi nella futilità degli indefiniti 'discorsi'. Per il Sufismo esso è la sede dell'essenza umana (sirr), fondamento della percezione diretta del divino, ambito intermedio fra i piani inferiori e superiori dell'essere, via d'accesso al regno degli archetipi.

Il termine arabo per indicare il cuore è, Qalb, che indica l'atto del ricevere 'da bocca ad orecchio' (da cui Qabbalah), e significa un'intuizione intellettuale, che è prima di tutto un 'ascoltare'. Si ricordi il "cuore che ascolta" chiesto da Salomone a Dio (in I Re 3, 9) e la shruti indù, 'audizione', parola utilizzata nei Veda e nelle Upanishad: è detto che i Rishi, gli antichi saggi, hanno 'udito' il Veda, hanno 'ascoltato' la visione' intuitiva, l'OM creatore dei mondi. "Radice delle potenze", "Fonte delle luci" lo chiama la Filocalia; "casa di Dio" e delle sue Energie, Sephiroth, lo Zoliar, "luogo di realizzazione, sede dell'Atman" Ramana Mabarshi; "monastero puro e risplendente che racchiude la meraviglia delle meraviglie" lo definisce un saggio le cui parole vengono riportate in un bel libro di Jean M. Rivière sulla tradizione tibetana.

L'Occidente moderno, filosofico e teologico, se si eccettua la grande mistica (Eckart, Sileslo, Giovanni della Croce, Teresa d'Avila ecc.), ha smarrito questa dimensione del Cuore che troviamo nella filosofia di Ghazári: "Ciascun cuore, malgrado, le differenze individuali, è predisposto a conoscere le realtà delle cose, perché esso è una essenza divina e nobile, che per questo si distingue dagli altri elementi del mondo; è il luogo della scienza delle realtà divine.

Un'ascesi rigorosa è indispensabile per entrare nella dimensione del Cuore, e in questo si rivela importante l'insegnamento buddhista sull'impermanenza e sull'inconsistenza dell'individualità psico-somatica, proprio per evitare quel che Jung chiamava inflazione dei sogni archetipici dell'ego.

Il simbolismo del Cuore può fare emergere qualcosa di 'nuovo' anche rispetto alla questione dell'ascesi.

L'insieme complesso ed aperto degli insegnamenti e dei messaggi contenuti nelle varie tradizioni spirituali propone un'antropologia nella quale la struttura dell'essere umano, uomo e donna, è vista come una scala gerarchizzata di frequenze vibratorie, come una architettura in potenza (scrive Simone Weil nei Quaderni d'America: "il fine della vita umana è costruire un'architettura dell'anima") attualizzata da una crescente consapevolezza. All'astratto schema dualistico anima-corpo, che ha informato di sé l'intera cultura occidentale moderna, essi oppongono una pluralità, unitaria e insieme non uniforme, molto differenziata, di piani o livelli: un livello corpo-psiche, variamente articolato, un livello 'anima essenziale', un livello 'spirito', infine il Sé. Tra il primo livello, il cui esclusivo dominio (emozioni, sentimenti, passioni, istintualità, mentale, ego ecc.) si è imposto ormai da molti secoli, e il secondo, è posto il Cuore, del quale il 'cuore' comune, la psiche volitiva e affettiva, è come un riflesso ed un involucro carnale, nel senso neotestamentario della parola 'carne'. Le tradizioni spirituali, nella loro essenza esoterica (cfr. soprattutto l'alchimia occidentale) non condannano questa materia grezza, l'uomo naturale o psichico, ma la sottopongono ad un lavoro di purificazione - l'opera al nero alchemica, la presa di coscienza e l'accettazione dell'Ombra, in termini junghiani, la kenosis, la Croce nel cristianesimo, il Nirvana nel buddhismo, il fan'a nel sufismo - che li trasforma attraverso il doppio movimento del perdere e del ritrovare trasmutati ("Chi avrà perduto la sua vita per me la troverà").

Le tradizionali vie filosofico-religiose, mistiche, spirituali sono state sempre centrate sui domini superiori, e caratterizzate da rifiuto, disprezzo, incomprensione, scarsissima intearazione dei piani inferiori. Le antitesi e scissioni del pensiero teologico, soprattutto protestante, natura-grazia, fede-opere, fede-sapere, trascendenza-immanenza ecc., inconcepibili in Oriente, rappresentano l'esasperazione di una coscienza che constata la totale assenza di vie di trasformazione in un mondo dominato dalla volontà di potenza e dalla tecnica.

Dinanzi all"effettiva egemonia di quelle che Aurobindo chiamava le "Forze barbare", che sembra abbiano nel mondo attuale sempre la meglio, nonostante il valido e positivo che pure esiste nella cultura, e che il più delle volte opera nel silenzio, la riscoperta della dimensione del Cuore è urgente e decisiva.

Il compito, di lunghissimo periodo, connesso a questa riscoperta, è la nascita di un nuovo essere, in cui lo spirito è corporeizzato e il corpo è spiritualizzato: la novità sta nel collegare i piani senza più staccare, nel superare tanto la prospettiva occidentale dell'individualismo, quanto il rischio, tipico di certa spiritualità orientale comune, di un'ascesi che sfocia nell'angelismo ed è fuga ed evasione dai compiti concreti del qui ed ora. Questo faticoso lavoro passa attraverso il Cuore e le sue facoltà.

Proiezione del Sé nell'ego, potenza di risveglio, incarnazione dello spirito nella sfera psicosomatica, realtà di cui fare concreta esperienza, esso è il piano in cui il 'metafisico', l'universale s'individua e genera un'Individualità qualitativa e lo 'psicologico' si trasmuta. E' talmente importante che un hadith mette in bocca ad Allah queste parole: "Né la Terra né il Cielo mi contengono, ma io sono contenuto nel Cuore del mio servitore fedele"; e Angelo Silesio nel Pellegrino Cherubico scrive: "Incommensurabile è, ben sappiamo, l'Altissimo; eppure un cuore umano tutto lo può racchiudere" (111, 135).

Nella tradizione cabalistica il Cuore è il supporto della Shekinah, della Presenza divina trasmutatrice, è il traguardo di un processo d'individuazione reale e la base di un percorso esoterico. Dal punto di vista di Jung, è il luogo in cui il volto oscuro di Dio della Risposta a Giobbe comincia a mostrare la sua luce nascosta, dove gli Asura, i demoni della tradizione indù, si rivelano quali Deva, potenze benefiche, dove accade la 'conversione' di Satana ed ha fine il regno del Principe di questo mondo.

Il compito di una strada autenticamente esoterica oggi consiste nell'esplorare in lungo e in largo i piani inferiori dell'ego, saggiarli con la 'spada a doppio taglio', accettarne pienamente la realtà e amarla fino in fondo; acquisire la consapevolezza che il negativo dell'ego è unicamente il suo fissarsi in una pesantezza, in una separatezza che distrugge la comunicazione coi piani superiori. Si tratta di elevare l'ego al Cuore, di ottenere l'evaporazione alchemica dell'acqua circolante nella sfera psico-somatica a contatto col fuoco divino nascosto in ogni cuore, come hanno messo in rilievo i Dialoghi con l'Angelo. Qualsiasi posizione teorico-filosofica che insista sulla finitezza degli esseri umani, sull'ambiguità insuperabile gabellata per autenticità, sull'impossibilità dell'elevazione al divino, del fiat lux iniziatico, è un prodotto del mentale dell'ego.

Queste ultime considerazioni ci fanno intendere come l'ingresso nella dimensione del Cuore implichi la capacità di "bloccare" il mentale, perderlo per poi ritrovarlo purificato. E' un'impresa immane per l'uomo in genere, e ancora più gravosa per l'intellettuale, che mette in atto una serie di strategie difensive, tutte suggerite dall'istinto di conservazione della mente discorsiva, e fa passare per passione del pensiero la sua inettitudine alla meditazione silenziosa.

Aurobindo ha dedicato splendide pagine a questa tematica, nel contesto della tradizione indù. Egli mostra, fra l'altro, che le accuse di antirazionalismo o di irrazionalismo derivanti da un modello angusto di razionalità, che si levano non appena si affrontano argomenti del genere, rischiano di essere veramente inadeguate. Egli mostra anche come Patanjali, definendo nella sua opera Yoga-Sutra lo Yoga come sospensione delle onde mentali, apra possibilità inaudite di allargamento e di integrazione dei paradigmi di razionalità tuttora dominanti. Non è pensabile entrare in contatto con la Presenza trasmutatrice nascosta nel Cuore senza mettere tra parentesi, lasciare fuori il profano, la propria routine mentale e linguistica, senza esercitare una sorta di digiuno delle forme e dei segni, senza cercare di non identificarsi con visioni del mondo, ideologie, filosofie, credenze dogmatiche, convinzioni irremovibili, scuole di pensiero, dottrine teologiche, abitudini di ogni genere, senza porsi in ascolto. La riscoperta del Cuore può essere oggi il ritorno del 'Dio assente', assente perché esorcizzato in tutti i modi dal mentale umano; può essere il luogo della radicalità necessaria a dissolvere, dopo averlo interiorizzato ed integrato, il nichilismo, nelle sue varie forme decretanti la morte degli archetipi (destino fatale, peraltro, della cultura occidentale); può essere anche terreno d'incontro e dialogo con quanto di veramente nuovo si trova nello sconsolante panorama del dibattito filosofico attuale, cioè la parte più vitale e non dogmatica del pensiero femminile.

Vorrei concludere con due versetti tratti dal Pellegrino Cherubico di Angelo Silesio: "La luce della Gloria brilla nella notte. Chi può vederla? Un cuore che abbia occhi e vegli" (II, 183).

Riferimenti bibliografici

Guénon R., Simboli fondamentali della Scienza sacra, Milano, Adelphi, 1975, pp. 355-395.

Filocalia I e II, a cura di Giovanni Vannucci, Firenze, LEF, 1989.

Seyyed Hossein N., Il Sufismo, Milano, Rusconi, 1988.

Dialoghi con l'Angelo, a cura di Gabriella Fiori, Sarva, Imola, 1990.

(da Massoneria Oggi - N. 2 - luglio 1994 - Soc. Erasmo Roma)
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