Freud: Coscienza ed Inconscio; La scomposizione della personalità

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
sonardj
00giovedì 22 novembre 2007 04:15
3.1 Intorno al concetto di inconscio [ S.Freud: Das Unbewusste (1915), " Theoretísche Schriften ", e Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Wien, pp. 98-110 e pp. 136-140)



Abbiamo imparato dalla psicanalisi che l'essenza del processo di rimozione non consiste nel togliere di mezzo, nell'annientare un'idea rappresentativa di un istinto, ma nell'impedirle di diventare conscia. Diciamo allora che si trova nello stato " inconscio ", e possiamo portare buone prove per affermare che, pur rimanendo inconscia, può ancora produrre effetti, anche tali da' penetrare nel conscio. Tutto ciò che è rimosso deve rimanere inconscio, ma fin d'ora vogliamo anche affermare che il rimosso non s'identifica con l'inconscio. L'inconscio è più ampio e il rimosso ne costituisce soltanto una parte.

Come possiamo giungere alla conoscenza dell'inconscio? Naturalmente è da noi conoscibile solo come conscio, dopo che ha subito una trasformazione o una traduzione in qualcosa di conscio. Il lavoro psicanalitico ci permette di costatare ogni giorno che tale traduzione è possibile. A tale scopo si esige soltanto che la persona sotto analisi superi certe resistenze, precisamente quelle che precedentemente avevano trasformato il materiale in questione in qualcosa di rimosso, cacciandolo dalla coscienza.

Ci viene contestato da parecchie parti il diritto di ammettere che qualcosa di mentale sia inconscio e di usare di tale presupposto per scopi scientifici. Noi invece siamo in grado di affermare che l'ipotesi dell'inconscio è necessaria e legittima, e che possediamo diverse prove dell'esistenza dell'inconscio.

E' un'ipotesi necessaria perché i dati della conoscenza sono molto lacunosi; sia nei sani che negli ammalati intervengono spesso degli atti mentali per la cui spiegazione sono presupposti altri atti, di cui però la coscienza non dà alcuna prova. Tali atti sono non soltanto le paraprassie o i sogni dei sani e tutti i sintomi psichici e le ossessioni, come si chiamano, degli ammalati, ma anche la nostra personale, quotidiana esperienza ci informa di idee che ci capitano in mente, senza che ci sia nota la loro provenienza e di conclusioni razionali, la cui elaborazione ci rimane nascosta . Tutti questi atti consci rimangono sconnessi e incomprensibili, se vogliamo mantenere la pretesa che tutti debbano essere costatati dalla coscienza, mentre invece si ordinano in un'evidente connessione, qualora noi interpoliamo gli atti inconsci che abbiamo dedotto. Tale guadagno di senso e di connessione è un motivo giustificato per spingerci al di là dell'esperienza immediata. Se poi dalla supposizione dell'inconscio si manifesta la possibilità di un'azione efficace sul decorso dei processi consci, abbiamo raggiunto in tale successo una prova inconfutabile dell'esistenza di quanto si era supposto. Si deve allora ammettere che è un'affermazione insostenibile quella per cui tutto ciò che avviene nella mente debba anche essere noto alla coscienza.

A sostegno dell'esistenza di uno stato mentale inconscio si può, procedendo, affermare che la coscienza abbraccia in ogni momento solo un piccolo contenuto, cosicché la maggior parte di ciò che chiamiamo conoscenza conscia è costretta a trovarsi per un tempo lunghissimo in uno stato di latenza, ossia in uno stato di incoscienza mentale. L'opposizione all'inconscio dovrebbe apparire del tutto inconcepibile, se si pensa a tutti i nostri ricordi latenti. Ma a questo punto si incappa nell'obiezione che tali ricordi latenti non si devono definire come mentali, ma corrispondono a residui di processi somatici, da cui può di nuovo emergere l'elemento mentale. Si può facilmente rispondere che il ricordo latente, all'opposto, è indubitabilmente il residuo di un processo mentale. Più importante è tuttavia aver chiaro in mente che quell'obiezione riposa sulla supposizione - non espressa, ma assunta come assioma - dell'identificazione di conscio e mentale. Tale identificazione è una petitio principio che esclude la questione se tutto ciò che è mentale sia anche conscio, oppure si tratta di convenzione, di nomenclatura . In quest'ultimo caso naturalmente, quell'identificazione è, come ogni convenzione inoppugnabile. Ma rimane aperta la questione, se tale convenzione sia così vantaggiosa da dover essere assunta. Si può rispondere che l'identificazione convenzionale di mentale (psichico) e conscio è del tutto inopportuna. Distrugge infatti le continuità mentali, ci spinge nelle difficoltà insolubili del parallelismo psicofisico, soggiace alla critica di sopravvalutare il ruolo della coscienza senza ragione evidente, e ci costringe ad abbandonare anzitempo il campo della ricerca psicologica, senza alcun compenso in altri campi.

Ad ogni modo è chiaro che la questione se gli stati latenti della vita mentale, la cui esistenza è incontestabile, debbano essere ritenuti di natura mentale o fisica minaccia di degenerare in una lite verbale. E' quindi consigliabile portare sul tappeto solo ciò che della natura di questi stati controversi sappiamo con certezza. Ora essi ci sono assolutamente inaccessibili se considerati nel loro carattere fisico; nessun concetto fisiologico, nessun processo chimico può darci un'indicazione della loro natura. D'altra parte è assodato che hanno numerosissimi punti di contatto coi processi psichici consci; possono tramutarsi in essi o venir da essi sostituiti mediante un certo loro trattamento e possono essere descritti con quelle categorie che applichiamo agli atti psichici consci, come rappresentazioni, scopi, decisioni e simili. In verità possiamo affermare di alcuni di questi stati latenti che si distinguono da quelli consci appunto soltanto per la mancanza di coscienza. Pertanto non esiteremo a considerarli come oggetti di un'indagine psicologica, nella più intima connessione cogli atti psichici consci.

Il rifiuto ostinato del carattere psichico di questi atti psichici latenti si spiega col fatto che la maggior parte dei fenomeni che entrano in considerazione non sono diventati oggetto di studio al di fuori della psicanalisi. Chi non conosce i fatti patologici, chi considera accidentale le paraprassie delle persone normali, e chi si accontenta della vecchia sapienza secondo cui i sogni sono insulsaggini, deve solo prescindere da alcuni altri problemi della psicologia della coscienza per potersi risparmiare l'adozione dell'ipotesi di un'attività mentale inconscia. Del resto già prima della nascita della psicanalisi gli esperimenti ipnotici, in particolare la suggestione postipnotica hanno dimostrato l'esistenza e il modo d'agire dell'inconscio psichico.

Ma l'ipotesi dell'inconscio è anche del tutto legittima, in quanto la sua ammissione non ci fa deviare di un passo dal nostro abituale, comunemente accettato modo di pensare. La coscienza rende consapevole ciascuno di noi dei nostri stati psichici; che anche gli altri uomini abbiano una coscienza lo possiamo solo concludere per analogia, per essere in grado, sulla base delle loro espressioni e delle loro azioni di renderci conto del loro comportamento. Dal punto di vista psicologico sarebbe indubbiamente più esatto dire che attribuiamo, senza particolare considerazione, la nostra stessa costituzione e la nostra stessa coscienza a tutti gli altri, e che questa identificazione è il presupposto del nostro comprendere. Questa conclusione - o questa identificazione - era stata una volta estesa dall'Io agli altri uomini, animali, piante, agli esseri inanimati e a tutto il mondo, e si dimostrò utile finché la somiglianza con l'Io individuale fu assai grande, ma divenne impossibile quando " l'altro " si dimostrò troppo diverso dall'Io. Attualmente il nostro giudizio critico diventa già insicuro quando si parla della coscienza degli animali, si rifiuta di ammetterla nelle piante, e considera misticismo l'attribuzione della coscienza alle cose inanimate. Ma anche là dove la primitiva tendenza all'identificazione ha superato la prova, ossia nel caso che " gli altri " siano i nostri simili, la supposizione di una coscienza si basa su di una deduzione, e non può partecipare della certezza immediata che abbiamo della nostra propria coscienza.

La psicanalisi domanda soltanto che questo procedimento deduttivo sia applicato anche nei riguardi della propria persona, anche se in tal caso non è presente alcuna inclinazione naturale. Se così facciamo, dobbiamo dire che gli atti e le espressioni che osservo in me e che non so connettere colla mia ordinaria vita psichica, devono essere giudicati come se appartenessero a un'altra persona, e devono essere spiegati attraverso l'attribuzione ad essa di una vita mentale. L'esperienza inoltre ci mostra che, quando si tratta degli altri, sappiamo interpretare molto bene quegli atti che ci rifiutiamo di considerare psichici in noi, inserendoli in un opportuno nesso psichico . Qualche particolare ostacolo viene qui evidentemente a intralciare la nostra ricerca quando si tratta della nostra persona. e ci impedisce di raggiungere una giusta conoscenza.

Questo processo di deduzione, quando l'applichiamo alla nostra persona nonostante la ritrosia interna che sentiamo, non conduce propriamente alla rivelazione dell'inconscio, ma, correttamente interpretato, all'ipotesi di un'altra, di una seconda persona, unita nella mia persona all'altra a me nota. Solo che allora la critica trova giustificati motivi per opporre diverse obiezioni. In primo luogo una coscienza di cui il portatore non sa nulla è qualcosa di diverso da una coscienza estranea e c'è addirittura da chiedersi se una tale coscienza, priva com'è del suo carattere più importante, possa meritare di essere discussa. Coloro che si sono opposti all'ammissione dello psichico inconscio non potranno essere soddisfatti se lo si sostituisce con coscienza inconscia. In secondo luogo, l'analisi ci mostra che i singoli processi psichici latenti da noi dedotti godono di una grandissima mutua indipendenza, come se non avessero tra loro alcuna connessione e non sapessero gli uni degli altri. Dovremmo allora non soltanto essere disposti ad accettare che in noi vi sia una seconda coscienza, ma anche una terza, una quarta, forse una serie illimitata di stati consci, ignoti tra loro e a noi. In terzo luogo, interviene come argomento della massima gravità l'esperienza, derivata dall'indagine analitica, che una parte di quei processi latenti possiede caratteri e proprietà che ci sembrano strani, addirittura incredibili, e in opposizione diretta alle proprietà della coscienza che ci sono note. Abbiamo dunque motivo per interpretare diversamente quella deduzione quando è applicata alla propria persona, e dire che in noi non è una seconda coscienza che viene dimostrata, ma l'esistenza di atti psichici, privi di coscienza. Dobbiamo anche rifiutare come scorretto ed equivoco il termine " subcoscienza ". I noti casi di double conscience (divisione di coscienza) non dimostrano nulla contro la nostra tesi. Possono infatti essere compiutamente descritti come casi di separazione delle attività psichiche in due gruppi, per cui la stessa coscienza si applica alternativamente ora all'uno ora all'altro.

Nella psicanalisi dobbiamo solo chiarire che i processi psichici sono in sé inconsci, e paragonare la loro percezione mediante la coscienza alla percezione del mondo esterno mediante gli organi di senso . Ci auguriamo anzi di ottenere con questo paragone un guadagno nelle nostre conoscenze. L'ipotesi psicanalitica dell'attività psichica inconscia ci appare da una parte come un'ulteriore estensione dell'animismo primitivo che vedeva rispecchiata dappertutto la nostra coscienza, e, d'altra parte, come un prolungamento della correzione apportata da Kant alle nostre teorie della percezione esterna. Come Kant ci ha avvertiti di non trascurare le condizioni soggettive delle nostre percezioni , e a non identificarle con ciò che viene percepito, il quale rimane sconosciuto , così la psicanalisi ci avverte di non sostituire la percezione conscia col processo psichico inconscio, che è il suo oggetto. Come il mondo fisico, così anche quello psichico non è necessariamente nella realtà come appare a noi. Con piacere ad ogni modo costateremo che la correzione della percezione interna non presenta così grosse difficoltà come quella esterna, ossia che l'oggetto interno è meno ignoto del mondo esterno.

Prima di procedere vogliamo stabilire il dato di fatto importante, ma anche increscioso, che la proprietà di essere inconscio costituisce solo un aspetto dell'elemento psichico, aspetto che non lo caratterizza adeguatamente. Vi sono atti psichici di valore molto diverso, pur convenendo tutti nel carattere di essere inconsci. L'inconscio comprende da una parte atti che sono semplicemente latenti, temporaneamente inconsci, ma che per il resto non si distinguono minimamente da quelli consci, e, d'altra parte, processi come quelli rimossi che, se diventassero consci, si opporrebbero nel modo più crudo agli altri processi consci . Si porrebbe fine a tutte le incomprensioni se d'ora in poi nella descrizione dei diversi atti psichici noi prescindessimo dalle distinzioni che sono consci o inconsci, e li classificassimo e connettessimo solo per le loro relazioni agli istinti e alle mete, e secondo la loro composizione e appartenenza a sistemi psichici tra loro subordinati. Questo però è per varie ragioni inattuabile, e perciò non possiamo sfuggire all'ambiguità di adoperare le parole " conscio " e " inconscio " ora nel senso descrittivo ora in quello sistematico; in quest'ultimo caso ci si riferirebbe alla loro appartenenza a determinati sistemi e al loro possesso di particolari caratteristiche. Si potrebbe tentare di evitare la confusione, indicando i sistemi psichici noti con nomi scelti arbitrariamente ma in cui non si accenna alla coscienza. Dovremmo però specificare su cosa basiamo la nostra distinzione dei sistemi, e allora non si potrebbe prescindere dall'indicazione della coscienza, perché essa costituisce il punto di partenza di tutte le nostre indagini.

Possiamo forse trar giovamento dall'uso, almeno scritto, delle abbreviazioni C per " coscienza " e Inc. per " inconscio ", quando adoperiamo le due parole nel senso sistematico.

Passiamo ora all'esposizione positiva di come sia risultato dalla psicanalisi che un atto mentale attraversa, in genere due fasi, tra le quali è interposta una specie di esame (censura). Nella prima fase è inconscio e appartiene al sistema Inc.; se viene respinto dalla censura, gli è negato il passaggio alla seconda fase; si chiama allora " rimosso " ed è costretto a rimanere inconscio. Se invece supera l'esame, entra nella seconda fase e viene ad appartenere al secondo sistema, che abbiamo stabilito di chiamare C. Però con tale appartenenza non è univocamente stabilita la sua relazione alla coscienza. Non è ancora conscio, ma capace di coscienza (secondo, l'espressione di J. Breuer), ossia può, realizzandosi certe condizioni, diventare oggetto della coscienza senza particolare resistenza. In riferimento a questa capacità di diventare conscio, chiamiamo il sistema C anche col nome di "preconscio ". Se risultasse che il passaggio alla coscienza del preconscio viene determinato anche da una certa censura, faremo una distinzione più netta tra sistema Prec. e sistema C. Per intanto è sufficiente dichiarare che il sistema Prec. partecipa delle caratteristiche del sistema C e che la censura rigorosa esercita il suo compito nel passaggio dall'Inc. al Prec. (o C).

Coll'ammissione di questi due (o tre) sistemi psichici la psicanalisi si è scostata ancora di un passo dalla " psicologia della coscienza " descrittiva, procurandosi una nuova problematica e un nuovo contenuto. Finora si distingueva dalla psicologia per la sua concezione dinamica dei processi psichici; ora si aggiunge il fatto che tien conto di una topica psichica e indica di un determinato atto psichico il sistema in cui o i sistemi tra cui si trova. A motivo di questo suo impegno ha ottenuto anche il nome di psicologia del profondo. Vedremo che può essere ulteriormente arricchita tenendo conto di un altro punto di vista.

Se vogliamo prendere in seria considerazione tale topica degli atti psichici, dobbiamo rivolgere il nostro interesse a un dubbio che sorge a questo punto. Quando un atto psichico (limitiamoci qui ai tipi di rappresentazione) viene trasportato dal sistema Inc. a. quello C. (o Prec.), dobbiamo supporre che a tale trasposizione sia legata una nuova fissazione, per così dire una seconda registrazione della rappresentazione in questione, che viene così ad occupare una nuova zona psichica, accanto alla quale continua ad esistere l'altra primitiva trascrizione inconscia? O dobbiamo piuttosto credere che tale trasposizione consiste in un cambiamento di stato che si verifica su di un medesimo materiale e nella stessa zona? Questa questione può apparire astrusa, ma va sollevata se vogliamo formarci un'idea più precisa della topica psichica della dimensione del profondo. E' una questione difficile, perché va al di là del puro elemento psicologico per sfiorare le relazioni dell'apparato psichico con l'anatomia. Sappiamo che tali relazioni in generale esistono. E' infatti un risultato inoppugnabile della ricerca che l'attività psichica è legata alle funzioni del cervello più che a quelle di qualunque altro organo. Si è poi compiuto un altro passo in avanti, senza saperlo ben misurare, quando si è scoperta la diversa importanza delle parti del cervello e del loro specifico rapporto con parti determinate del corpo e colle attività psichiche ". Ma tutti i tentativi di giungere a una localizzazione dei processi psichici e di elaborare una teoria secondo cui le rappresentazioni sarebbero immagazzinate nelle cellule nervose, e le eccitazioni trasportate dalle fibre nervose, sono completamente naufragati. Lo stesso destino sarebbe riservato a una dottrina che volesse riconoscere l'attività psichica conscia alla corteccia cerebrale, riservando i processi inconsci alle zone subcorticali del cervello. E' aperto qui uno iato che non è possibile per ora riempire, né appartiene ai compiti della psicologia farlo. La nostra topica psichica non ha niente a che fare per il momento con l'anatomia; ha riferimento alle regioni dell'apparato psichico, dovunque esse possano trovarsi nel corpo, e non alle regioni anatomiche.

Il nostro lavoro è dunque a questo riguardo libero e può procedere secondo le esigenze che gli sono proprie. Sarà poi utile ricordare che le nostre ipotesi pretendono di avere soltanto un valore illustrativo. La prima delle due possibilità che abbiamo preso in considerazione, ossia che la fase C della rappresentazione indichi una nuova registrazione di ciò che si trova registrato anche in altre zone, è indubbiamente la più grossolana, ma anche la più comoda. La seconda ipotesi, che si tratti di una mutazione di stato puramente funzionale è a priori più verosimile, ma è meno plastica, meno maneggevole. Alla prima ipotesi, quella topica, è connessa la possibilità di una separazione del sistema Inc. e C., e inoltre la possibilità che una rappresentazione sia presente simultaneamente in due punti dell'apparato mentale e anzi che essa, se non è impedita dalla censura, proceda regolarmente da una zona all'altra, eventualmente senza perdere la sua prima occupazione o registrazione.

Ciò potrà sembrare strano, ma può essere suffragato dalle osservazioni della prassi psicanalitica. Se comunichiamo ad un paziente una rappresentazione a suo tempo da lui rimossa, ma che noi abbiamo riscoperta, le nostre parole all'inizio non modificano nulla del suo stato mentale. Soprattutto non eliminano la rimozione e non reprimono i suoi effetti, come forse ci si potrebbe aspettare dal momento che la rappresentazione prima inconscia diventa ora conscia. Noi otteniamo all'opposto in un primo tempo un rinnovo della rimozione di quella rappresentazione. Il paziente però ha ora in realtà la stessa rappresentazione in due forme differenti, in due parti diverse del suo apparato psichico: in primo luogo ha il ricordo conscio della traccia uditiva della rappresentazione che gli abbiamo comunicato, secondariamente egli porta insieme, come sappiamo con certezza, il ricordo inconscio di ciò che ha vissuto nella forma precedente. In realtà non viene meno la rimozione, finché la rappresentazione conscia, dopo il superamento delle resistenze, non si sia posta in connessione con la traccia mnestica inconscia. E' solo quando quest'ultima diventa conscia che l'operazione ha successo. Questo fatto potrebbe indicare, a una considerazione superficiale, che la rappresentazione conscia e quella inconscia sono registrazioni diverse e separatamente collocate di un medesimo contenuto. Ma riflettendo meglio ci si accorge che l'identità esistente tra quanto noi comunichiamo e il ricordo rimosso del paziente è solo apparente. L'aver udito e l'aver sperimentato sono due cose del tutto diverse dal punto di vista psicologico, anche se il contenuto è lo stesso.

Non siamo quindi in grado per il momento di decidere tra le due possibilità esaminate. Forse proseguendo potremo imbatterci in fattori che ci faranno decidere per l'una o per l'altra [...]

Nella schizofrenia le parole subiscono quello stesso processo che, sulla base dei pensieri onirici latenti, costruisce le immagini del sogno, e che abbiamo chiamato processo psichico primario. Le parole si condensano e si scambiano vicendevolmente le loro cariche, senza residui. Il processo può andare talmente avanti che una sola parola, se è particolarmente adatta in grazia delle sue numerose associazioni, può rappresentare tutta una catena di pensieri. […] Nella schizofrenia vi è la rinuncia alle cariche oggettuali, e viene conservata la carica delle presentazioni verbali degli oggetti. Quella che abbiamo potuto chiamare presentazione conscia dell'oggetto, si sdoppia ora in presentazione della parola e presentazione della cosa, la quale ultima consiste nella carica, se non delle immagini mnestiche dirette, almeno delle tracce mnestiche più remote derivate da quella. Questo crediamo sia il momento di sapere in che cosa si distingue la rappresentazione conscia da quella inconscia. Esse non sono, come avevamo supposto, registrazioni diverse dello stesso contenuto in diverse zone mentali, e neppure stati funzionari diversi di una carica nella stessa zona, ma la rappresentazione conscia comprende la rappresentazione della cosa più quella della parola corrispondente, la rappresentazione inconscia invece soltanto quello della cosa, Il sistema Inc. contiene le cariche cosali proprie degli oggetti; il sistema Prec. deriva dal fatto che quella rappresentazione della cosa viene sovraccaricata in grazia della connessione con le rappresentazioni verbali ad essa corrispondenti . Possiamo supporre che tali sovraccariche siano quelle che determinano una organizzazione psichica superiore, e fanno in modo che sia possibile separare un processo primario da quello secondario che predomina nel sistema Prec. Possiamo ora anche esprimere con precisione ciò che la rimozione nega alla rappresentazione da essa repressa: la traduzione in parole che di per sé dovrebbero connettersi all'oggetto. La rappresentazione che non è tradotta in parole, o anche l'atto che non viene sovraccaricato , rimangono da quel momento nell'Inc. in uno stato di rimozione.

Vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che già da molto tempo abbiamo avuto l'intuizione che oggi ci permette di capire uno dei caratteri più salienti della schizofrenia. Nelle ultime pagine della Interpretazione dei sogni, pubblicata nel 1900, è spiegato come i processi mentali, ossia gli atti di carica, che sono lontani dalle percezioni, sono privi di qualità e inconsci, e la loro capacità di diventare consci la raggiungono solo attraverso la loro connessione coi residui delle percezioni delle parole […]

[…] Per quanto riguarda la schizofrenia - che qui trattiamo solo per quel tanto che è indispensabile per una conoscenza generale dell'Inc. - sorge necessariamente il dubbio se il processo qui chiamato rimozione abbia qualcosa in comune con le nevrosi di transfert. La formula secondo cui la rimozione è un processo che interviene tra il sistema Inc. e quello Prec. (o C) col risultato di un allontanamento di qualcosa dalla coscienza, esige una modificazione per potervi comprendere i casi della dementia praecox e di altre affezioni narcisistiche. Comunque sia, il tentativo di fuga dell'Io, che si esprime nell'allontanamento della carica conscia, resta sempre un fattore comune. Quanto questo tentativo di fuga sia più radicale e profondo nelle nevrosi narcisistiche lo può mostrare anche l'osservazione più superficiale.

Se nella schizofrenia quella fuga consiste nella sottrazione della carica istintuale dalla zona dove è la rappresentazione dell'oggetto, può parere strano che la parte di tale rappresentazione che appartiene al sistema Prec., ossia la rappresentazione verbale ad essa corrispondente, ottenga una carica più intensa. Ci si aspetterebbe piuttosto che la rappresentazione verbale, costituendo la parte preconscia, debba subire il primo attacco della rimozione, e che non possa assolutamente essere ricaricata dopo che e la rimozione penetrata fino alle rappresentazioni inconsce della cosa. E' effettivamente un punto difficile da capire . Abbiamo potuto sperimentare che la carica della rappresentazione verbale non è interessata all'atto di rimozione, ma piuttosto rappresenta il primo di quei tentativi di guarigione e di cura della schizofrenia, che dominano in modo sorprendente il quadro clinico della schizofrenia.

Questi tentativi sono volti a riacquistare l'oggetto e può ben darsi che a questo scopo imbocchino la strada che, porta all'oggetto attraverso la sua parte verbale,, sebbene, allora debbano accontentarsi delle parole invece che delle cose. La nostra attività psichica si muove effettivamente in due direzioni opposte: o partendo dagli istinti attraverso il sistema Inc. arriva all'attività mentale conscia; oppure, sulla base di una stimolazione esterna, attraverso il sistema C e Inc. arriva alle cariche inconsce dell'Io e degli oggetti. Questa seconda via deve rimanere percorribile nonostante sia intervenuta la rimozione, e quindi deve rimanere, fino a un certo punto, aperta ai tentativi della nevrosi per riguadagnare i suoi oggetti. Quando pensiamo in astratto, siamo in pericolo di trascurare i rapporti tra le parole e le rappresentazioni inconsce degli oggetti, e non si può negare che il nostro modo di filosofare nel suo contenuto e nelle sue espressioni presenti una sgradita somiglianza col modo di agire degli schizofrenici. D'altra parte, possiamo tentare di caratterizzare il modo di pensare degli schizofrenici, dicendo che trattano le cose concrete come se fossero astratte.







Esercizi di analisi





1. Cosa significa rimozione:

1. eliminazione definitiva di un contenuto psichico;
2. impedire ad una rappresentazione di diventare conscia.

Motiva la tua risposta.
sonardj
00giovedì 22 novembre 2007 04:17
3.2 La rimozione[S. Freud :Die Verdrängung (1915), in " Theoretische Schriften ", Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Wíen, 1931, pp. 83-971]

Una vicissitudine che l'impulso istintuale può subire è di incontrare delle resistenze volte a renderlo inefficace. In certe condizioni che indagheremo tra breve più da vicino, tale impulso entra in uno stato di rimozione. Se si trattasse dell'azione di uno stimolo esterno, il mezzo più opportuno sarebbe ovviamente la fuga. Ma nel caso dell'istinto la fuga non può giovare, perché l'Io non può sfuggire a se stesso. In un periodo successivo un buon mezzo contro l'impulso istintuale sarà trovato nel rifiuto conseguente ad un giudizio (condanna). Ebbene, una fase preliminare della condanna, una misura intermedia tra la fuga e la condanna è la rimozione, il cui concetto non poteva essere formulato prima degli studi psicanalitici.

Non è facile arrivare alla possibilità di una rimozione procedendo per deduzione. Perché infatti dovrebbe un impulso istintuale subire un tale destino? Evidentemente la condizione che deve verificarsi in tal caso è che la realizzazione della meta istintuale procuri dispiacere invece che piacere; ma tale caso non è facile immaginarlo. Istinti di tal fatto non vi sono; l'appagamento di un istinto procura sempre piacere. Si devono allora presupporre delle circostanze particolari, una specie di processo che trasforma il piacere inerente all'appagamento in un dispiacere.

Per delimitare meglio il concetto di rimozione, prendiamo a discutere alcune altre situazioni in cui viene a trovarsi l'istinto. Può succedere che uno stimolo esterno, per il fatto, per esempio, che corrode o distrugge un organo del corpo, si interiorizzi, e costituisca cosi una nuova sorgente di eccitazione costante e di aumento di tensione . In tal, modo acquista una somiglianza notevole con un istinto. Sappiamo che in questi casi si verifica dolore. La meta di tale pseudo - istinto è tuttavia soltanto la cessazione dell'alterazione dell'organo e del dolore ad essa connesso. Dalla cessazione del dolore non può emergere un altro, diretto piacere. Il dolore è inoltre imperativo; cede soltanto all 'azione di un agente tossico o di una distrazione mentale.

Il caso del dolore è troppo poco chiaro perché possa aiutarci ne la nostra ricerca. Prendiamo il caso in cui uno stimolo istintuale come la fame rimanga insoddisfatto. Diventa allora imperativo mantiene una costante tensione di bisogno, non può essere placato altro che dall'azione dell'appagamento. Siamo qui ben lontani dalla situazione della rimozione

Non si verifica dunque certamente il caso della rimozione quando la tensione, in seguito al mancato appagamento dell'impulso istintuale, diventa insopportabilmente grande. I metodi di cui allora dispone l'organismo per difendersi saranno discussi altrove. Atteniamoci qui piuttosto all'esperienza clinica che incontriamo nella prassi psicanalitica. Apprendiamo allora che l'appagamento dell'istinto sottoposto a rimozione sarebbe possibile, e costituirebbe in ogni caso una fonte di piacere, ma sarebbe inconciliabile colle altre esigenze e cogli altri propositi, e quindi genererebbe sì piacere da una parte, ma dall'altra dispiacere . Quindi, la condizione perché si verifichi una rimozione è che i motivi del dispiacere derivante dall'inappagamento siano più forti di quelli del piacere dell'appagamento. Inoltre, l'osservazione psicanalitica delle nevrosi di transfert ci costringe a concludere che la rimozione non è un meccanismo di difesa presente fin dall'inizio, ma che può verificarsi solo quando è avvenuto una netta separazione tra attività psichica conscia e attività psichica inconscia, e che la sua essenza consiste solo nell'allontanare qualcosa dal conscio e nel tenervelo lontano. Tale concezione della rimozione riceverebbe la sua integrazione dalla supposizione che prima di tale stadio dell'organizzazione psichica, il compito della difesa dagli impulsi istintuali sia assolto dalle altre vicissitudini degli istinti, come la conversione nell'opposto o la riflessione sulla persona propria.

Al momento ci sembra pure che la rimozione e l'inconscio siano correlati in modo talmente rigoroso da essere costretti a rimandare l'approfondimento dell'essenza della rimozione a quando noi avremo una migliore conoscenza del modo come si svolgono le forze psichiche e della differenza tra conscio e inconscio. Prima di allora possiamo solo esporre alcuni caratteri della rimozione osservati clinicamente in modo puramente descrittivo, anche se in tal modo corriamo il rischio di ripetere letteralmente molte cose già dette altrove.

Abbiamo dunque buone ragioni per supporre l'esistenza di una rimozione originaria, una prima fase della rimozione, consistente nel fatto che viene interdetto l'ingresso nella coscienza all'idea che rappresenta psichicamente l'istinto. Si ha così una fissazione; il rappresentante in questione resta da quel momento immobile, e l'istinto ad esso fissato. Ciò succede in seguito alle proprietà dei processi inconsci di cui parleremo.

La seconda fase della rimozione, la rimozione vera e propria, riguarda i derivati psichici del rappresentante represso o quelle successioni di pensiero che, provenendo d'altrove, hanno poi stabilito delle relazioni associative con esso. A causa di tali associazioni queste rappresentazioni subiscono la stessa vicenda del materiale rimosso nella prima fase. La rimozione vera e propria è quindi una post- pressione. Del resto è uno sbaglio sottolineare soltanto la ripulsione che viene dal conscio per agire su ciò che deve essere rimosso. Interviene infatti anche l'attrazione che il rimosso della prima fase esercita su tutto ciò con cui esso può mettersi in relazione. Verosimilmente la tendenza alla rimozione non raggiungerebbe il suo scopo se queste due forze non cooperassero, se cioè non vi fosse qualcosa di previamente rimosso pronto ad accogliere ciò che viene ulteriormente respinto dalla coscienza.

Sotto l'influsso dello studio delle psiconevrosi, che ci presenta le significative azioni della rimozione, siamo tentati a sopravvalutare il loro contenuto psicologico e a dimenticare facilmente che la rimozione non impedisce al rappresentante istintuale di continuare ad esistere nell'inconscio e di organizzarsi ulteriormente, di formare suoi derivati, e di stabilire delle relazioni. La rimozione effettivamente disturba soltanto le relazioni con un solo preciso sistema psichico, quello conscio.

La psicanalisi ci può ancora indicare qualche altro elemento d'interesse per la comprensione delle azioni della rimozione nelle psiconevrosi. Ci dice, per esempio, che il rappresentante istintuale si sviluppa con minore difficoltà e con più ricco contenuto quando è sottratto all'influsso della coscienza. Allora prolifica, per così dire, nel buio, e trova forme estreme di espressione, le quali, quando vengano tradotte e presentate al nevrotico, non solo appaiono a lui estranee, ma lo impauriscono come fantasmi dotati di una straordinaria e pericolosa forza istintuale. Tale ingannevole forza è il risultato di uno sviluppo incontrollato nella fantasia e del suo accumulo in seguito all'interdizione del suo appagamento. Il fatto che quest'ultimo risultato sia legato alla rimozione, ci indica in quale direzione vada ricercato l'autentico significato di quest'ultima.

Ritornando ora all'aspetto opposto della rimozione, affermiamo che non è corretto dire che la rimozione tenga lontano dalla coscienza tutti i derivati del rimosso della prima fase. Se questi derivati sono abbastanza lontani dal rappresentante rimosso sia mediante l'introduzione di distorsioni , sia mediante l'inserzione di un numero considerevole di anelli intermedi, allora l'accesso alla coscienza è senz'altro libero. È come se l'opposizione ad essi da parte della coscienza fosse una funzione della loro distanza dal rimosso della prima fase . Nell'applicazione della tecnica psicanalitica provochiamo continuamente il paziente a esporre quei derivati del rimosso primitivo, che, a causa della loro lontananza o della loro distorsione, possono sfuggire alla censura dell'inconscio. Infatti, le idee che gli chiediamo di esprimere senz'alcun riguardo alle rappresentazioni e ad ogni critica, e dalle quali noi ricostruiamo una cosciente traduzione del rappresentante rimosso, sono appunto di questo tipo. Osserviamo in tali casi che il paziente può tessere tutta una serie di idee associate fino a che, nel suo processo, non incappa in un pensiero sul quale agisce in modo talmente intenso il rapporto alla cosa rimossa, che egli è costretto a ripetere il suo tentativo di rimozione. Anche i sintomi nevrotici devono aver soddisfatto a detta condizione, perché sono anch'essi derivati del rimosso, il quale, grazie ad essi, ha potuto finalmente conquistare quell'ingresso alla coscienza che gli era stato negato.

Non si può stabilire in forma generale quanto grande debba essere la distorsione e la lontananza dalla cosa rimossa, perché l'opposizione della coscienza risulti nulla. In questo campo si stabilisce un delicato equilibrio, il cui gioco ci è nascosto, ma il cui modo di operare ci lascia intravedere che si tratta dell'intervento di una forza di frenaggio ogni qualvolta l'intensità d'invadenza dell'inconscio è tale da violare la barriera opposta all'appagamento. La repressione quindi agisce in maniera del tutto individuale . Ogni derivato dell'elemento rimosso può avere la sua particolare vicenda; un aumento o una diminuzione anche minima di distorsione fa sì che l'esito cambi totalmente. E a questo riguardo è anche comprensibile come gli oggetti preferiti degli uomini, i loro ideali, derivino dalle medesime percezioni ed esperienze da cui derivano quelli che sono da loro massimamente temuti, e che i due tipi originariamente si distinguono solo per differenze minime. Può darsi infatti, come abbiamo scoperto indagando le origini del feticcio, che il rappresentante istintuale originario si spezzi in due parti, di cui l'una soggiace alla rimozione, mentre il resto, appunto a causa di questa intima connessione, subisce la vicenda della idealizzazione.

Quello che viene prodotto da un aumento o da una diminuzione della distorsione può risultare dall'altra parte, per così dire, dell'apparato, ossia da una modifica nelle condizioni di produzione del piacere o dispiacere. Si sono elaborate delle tecniche speciali allo scopo di determinare quali variazioni si devono introdurre nel gioco delle forze psichiche, perché quella stessa cosa che normalmente genera dispiacere, possa invece produrre piacere. Ogni volta che entra in azione un simile espediente tecnico, viene tolta la rimozione di un rappresentante istintuale, che diversamente sarebbe stato ripudiato. Queste tecniche sono state finora perfezionate solo per le battute di spirito. Di regola l'eliminazione della rimozione è tolta solo temporaneamente; subito dopo si ristabilisce.

Esperienze simili sono comunque sufficienti a renderci attenti agli ulteriori caratteri della rimozione. Essa non è soltanto, come si e appena detto, individuale, ma è anche estremamente mobile. Non ci si può rappresentare il processo della rimozione come un avvenimento che vale una volta per tutte e che ha esito definitivo, come quando un vivente muore, e da allora è morto per sempre; la rimozione esige un continuo dispendio di forza, la cessazione del quale mette in pericolo il suo esito, cosicché si rende necessario un nuovo atto di rimozione. Siamo legittimati a pensare che l'elemento rimosso eserciti nella direzione del conscio una pressione continua, contro la quale per conservare l'equilibrio, deve essere mantenuta una pressione contraria. Il mantenimento della rimozione presuppone quindi un costante dispendio di forza, e quindi la sua abolizione significa, dal punto di vista economico, un risparmio. La mobilità della rimozione si esprime del resto anche nelle caratteristiche psichiche dello stato di sonno, durante il quale avviene la formazione dei sogni. Quando ci si sveglia vengono riemesse quelle cariche repressive che erano state ritirate.

Finalmente, non dobbiamo dimenticare che quando affermiamo di un movimento istintuale che è rimosso, diciamo ben poco. Pur valendo per esso sempre la condizione di rimozione, può trovarsi in stati diversissimi, può essere inattivo, ossia molto poco carico di energia psichica, oppure la sua carica può assumere gradi diversi che lo rendono capace di attività. Effettivamente, la sua attivazione non porta direttamente all'abolizione della rimozione, ma solo alla stimolazione di tutti quei processi che si aprono un varco alla coscienza attraverso aggiramenti. Quando i derivati dell'inconscio non sono rimossi, il destino di una singola rappresentazione viene deciso dalla quantità di quell'attività o di quella carica. Succede ogni giorno che tale tipo di derivato eluda la rimozione finché possiede una piccola quantità di energia, sebbene il suo contenuto sia capace di produrre un conflitto colla parte predominante della coscienza. Il momento quantitativo si mostra quindi decisivo per il conflitto; appena la rappresentazione di disturbo che sta al fondo si rinforza oltre una certa misura, il conflitto diventa attuale, e proprio questa sua attivazione provoca la rimozione. Un aumento della carica energetica agisce quindi, in relazione alla rimozione, come un avvicinamento all'inconscio, una sua diminuzione come un allontanamento da esso o come una distorsione. Comprendiamo allora che le tendenze repressive possono sostituire la rimozione di qualcosa di sgradevole col suo indebolimento.

Nelle discussioni fin qui svolte abbiamo trattato della rimozione di un rappresentante istintuale, e abbiamo inteso con tale nome una rappresentazione o un gruppo di rappresentazioni caricate di una certa quantità di energia psichica (libido, interesse) proveniente dall'istinto. L'osservazione clinica ci obbliga ora a dividere quello che finora abbiamo considerato unito, perché ci indica che si deve tener conto di un'altra cosa atta a rappresentare l'istinto. diversa dalla rappresentazione immaginativa, altra cosa che subisce una vicenda di rigetto del tutto diversa dalla prima. Per indicare quest'altro elemento psichico si è adottato il nome di quota affettiva: corrisponde all'istinto staccato dalla sua rappresentazione, e trova espressione, proporzionale alla sua quantità, in quei processi che vengono sentiti come affettività. D'ora in poi, quando descriveremo qualche caso di repressione, dovremo separatamente seguire quello che, in seguito alla rimozione, avviene alla rappresentazione, e quello che avviene all'energia istintuale che le è legata.

Volentieri vorremmo dire qualcosa di generale sui due tipi di vicenda: sarà possibile dopo qualche osservazione orientativa. Il destino generale della rappresentazione di un istinto non può essere praticamente altro che questa: essa sparisce dalla coscienza se prima era conscia, oppure è tenuta fuori dalla coscienza se era sul punto di entrarvi. La differenza non è del resto importante; è simile a quella che vi è tra sentirsi spinto a condur fuori dal proprio salotto o dal proprio vestibolo un ospite sgradito, e impedirgli che varchi la porta del proprio appartamento, appena lo si è riconosciuto. La vicissitudine del fattore quantitativo inerente al rappresentante istintuale può essere triplice, come ci rivela un rapido sguardo alle esperienze fatte nella pratica psicanalitica: o l'istinto viene interamente represso, così da non potersi più trovare nulla di esso, o riemerge come affetto con diversa colorazione, oppure si trasforma in ansia. Le ultime due possibilità ci pongono il problema di trattare la trasformazione delle energie psichiche istintuali in affetti, e più particolarmente in ansia.

Ricordiamo che il motivo e lo scopò della rimozione non era altro che là fuga dal dispiacere. Ne segue che il destino della quota di affetto legata al rappresentante è, molto più importante del destino della rappresentazione, ed è decisivo per la nostra valutazione del processo di rimozione. Se una rimozione è incapace ad evitare l'insorgere di sentimenti di dispiacere o di,, ansia, dobbiamo dire che ha fallito, anche se può aver raggiunto il suo scopo sul piano della rappresentazione. Naturalmente la rimozione fallita merita più interesse da parte nostra di quella riuscita, la quale addirittura si sottrae alla nostra indagine.

Vogliamo ora esaminare il meccanismo del processo di rimozione e innanzitutto sapere se è uno solo o se sono più i suoi meccanismi, se ogni psiconevrosi può essere contrassegnata da un particolare meccanismo della. rimozione. All'inizio di questa .indagine tuttavia ci imbattiamo in complicazioni. Il meccanismo di una rimozione ci diventa accessibile se noi lo deduciamo dall'esito della rimozione stessa. Limitando la nostra osservazione all'esito che ha sulla rappresentazione troviamo che la rimozione di regola crea un'idea sostitutiva. Qual è allora il meccanismo di tale, sostituzione? Vi è, anche qui una pluralità di meccanismi? Sappiamo che la rimozione lascia dietro di se dei sintomi. Coincide la formazione dei sostituti con quella dei sintomi? E in tal caso, il meccanismo della formazione dei sintomi è identico a quello della rimozione? Da quanto precede risulta probabile che i due processi sono molto diversi, che non è la rimozione a creare sostituzioni e sintomi, che invece questi ultimi, come indici del ritorno di ciò che era rimosso, debbono la loro origine a processi del tutto diversi. Sembra anche consigliabile analizzare i meccanismi della sostituzione e della formazione dei sintomi prima di quelli della rimozione.

E' chiaro che non ci si deve qui affidare, per la soluzione, alle ricerche speculative, ma all'osservazione dei risultati della rimozione nelle singole nevrosi, mediante un'analisi rigorosa. Propongo tuttavia che anche questo' compito venga rimandato finché ci siamo fatte delle idee sicure sul rapporto tra conscio e inconscio. Ora tuttavia, per non lasciarci sfuggire del tutto infruttuosamente l'attuale discussione, anticipiamo che: 1) il meccanismo della rimozione non coincide nella realtà dei fatti coi meccanismi di sostituzione 2) che vi sono parecchi meccanismi di sostituzione, e 3) che ai meccanismi della rimozione almeno una cosa è comune, una sottrazione di carica energetica (o di libido, se si tratta dell'istinto sessuale).

Vogliamo ora, limitatamente ai tre casi più noti di psiconevrosi, mostrare con alcuni esempi, come i concetti qui introdotti possono applicarsi allo studio della rimozione. Fra i casi d'isteria d'angoscia sceglierò l'esempio ben analizzato di una fobia animale. L'impulso istintuale sottoposto a rimozione è qui un atteggiamento libidinoso nei riguardi del padre, misto alla paura di lui. Dopo la rimozione tale istinto sparisce dalla coscienza, il padre non vi appare più come oggetto di libidine. Come surrogato viene a trovarsi nel posto corrispondente un animale, più o meno adatto ad essere oggetto di angoscia. La formazione di tale sostituto sul piano della rappresentazione si è avuta mediante uno spostamento di connessioni avvenute in un modo ben determinato. La parte quantitativa non è scomparsa, ma si è convertita in angoscia . Il risultato è la paura di un lupo al posto di un'esigenza di amore verso il padre. Naturalmente non bastano le categorie qui adottate a spiegare adeguatamente neppure il più semplice caso di psiconevrosi. Devono infatti entrare in considerazione altri punti di vista.

Una rimozione come questa della fobia animale può essere considerata come fondamentalmente fallita. L'opera da essa svolta consiste infatti in una eliminazione e nella sostituzione di una rappresentazione, ma non è riuscito l'ottenimento di una riduzione del dispiacere. In conseguenza, il lavoro della nevrosi non cessa, ma continua in un secondo tempo, allo scopo di ottenere il suo fine più immediato e importante. Si arriva cosi alla formazione di un tentativo di fuga, ossia di un'autentica roba, a un insieme di rinunce, allo scopo di escludere la liberazione dell'angoscia. Attraverso quale meccanismo la fobia raggiunga il suo scopo possiamo venirlo a sapere mediante un'indagine più precisa.

A una valutazione del tutto diversa del processo di rimozione ci spinge il quadro di una vera e propria isteria di conversione. Qui il punto saliente consiste nella possibilità che la quota d'affetto scompaia del tutto. L'ammalato mostra qui nei riguardi dei suoi sintomi quella che Charcot ha chiamato " la belle indifférence des hystériques ". Altre volte tale repressione non riesce così perfetta; una quota di sensazioni dolorose si connette ai sintomi stessi, oppure è impossibile evitare che venga liberata una quota d'angoscia, la quale, a sua volta, mette in azione il meccanismo della formazione della fobia. Il contenuto rappresentativo dell'oggetto dell'istinto è fondamentalmente sottratto alla coscienza; come sostituto - e nello stesso tempo come sintomo - troviamo una potentissima innervazione (che nei casi tipici è di natura somatica: talvolta sensoria, talvolta motoria) sotto forma di eccitazione o di inibizione. La zona innervata si mostra a un'analisi più precisa come una parte dello stesso rappresentante istintuale represso, la quale, quasi per un processo di condensazione, ha attirato su di sé la carica intera. Naturalmente queste osservazioni non esprimono esaurientemente il meccanismo dell'isteria di conversione; in modo particolare va ancora aggiunto il momento della regressione, la cui valutazione si può trovare in altro contesto.

La rimozione dell'isteria di conversione può essere giudicata del tutto fallita se si considera che diventa possibile solo attraverso un numero abbondante di formazioni sostitutive; ma in riferimento alla quota d'affetto, che costituisce il compito specifico della rimozione, essa rappresenta di regola un pieno successo. Il processo di rimozione dell'isteria di conversione si completa infatti con la formazione di sintomi, e non esige di prolungarsi, come nell'isteria d'angoscia, in una seconda fase, o, più precisamente, all'indefinito.

Un aspetto del tutto diverso ci presenta la rimozione nella terza affezione, che qui considereremo per i nostri confronti, ossia la nevrosi ossessiva. Qui ci troviamo all'inizio in dubbio su che cosa possa essere il rappresentante istintuale che soggiace alla rimozione, se sia una tendenza libidica o una tendenza ostile. La nostra insicurezza dipende dal fatto che la nevrosi ossessiva si basa su di una regressione', in forza della quale la tendenza sadica è subentrata al posto di quella affettuosa: è un impulso ostile contro una persona amata che qui soggiace alla rimozione. L'effetto del lavoro di rimozione è nella prima fase del tutto diverso che in quella successiva. All'inizio la rimozione ha pieno successo: il contenuto rappresentativo viene eliminato e l'affetto sparisce. Come formazione sostitutiva si trova un'alterazione dell'Io nel senso che la sua coscienziosità aumenta. Difficilmente si potrebbe chiamare sintomo; qui sostituto e sintomo non coincidono. Per cui veniamo a capire anche qualcos'altro sul meccanismo della rimozione. Questa ha operato come sempre una riduzione della libido, ma si serve a tale scopo di una forma di reazione ottenuta mediante il rafforzamento del contrario. La formazione del sostituto ha qui dunque lo stesso meccanismo della rimozione e in fondo coincide con essa, ma cronologicamente e concettualmente si separa dalla formazione di un sintomo. E' molto verosimile che tutto il processo sia reso possibile dalla relazione di ambivalenza nella quale entra l'impulso sadico che deve essere rimosso.

Ma la rimozione inizialmente riuscita non resiste; nel processo ulteriore si manifesta sempre più il suo fallimento. L'ambivalenza, che ha permesso la rimozione mediante una formazione reattiva, è anche il motivo del ritorno di ciò che era stato rimosso. L'affetto scomparso ritorna in quantità uguale sotto forma di angoscia sociale, di angoscia morale e senso di colpa. La rappresentazione bandita si fa sostituire mediante uno spostamento su qualcosa che spesso è insignificante e indifferente. E' di norma incontestabilmente presente una tendenza al completo ristabilimento di quella rappresentazione rimossa. Il fallimento nella rimozione del fattore quantitativo e affettivo mette in moto lo stesso meccanismo di fuga, mediante privazioni e proibizioni, che abbiamo già riscontrato nella forma della fobia isterica. Il bando della rappresentazione dalla coscienza viene però ostinatamente mantenuto, perché con tale sistema è garantito il ritegno dall'azione, l'imprigionamento dell'aspetto motorio dell'impulso . Così il lavoro di rimozione nella nevrosi ossessiva si risolve in una lotta senza esito e senza fine .

Dalla piccola serie di paragoni qui esposta ci si può convincere che occorrono ancora indagini più complete per avere diritto a sperare di capire i processi connessi alla rimozione e alla formazione di sintomi nevrotici.

La straordinaria complessità di tutti gli aspetti presi in esame ci lascia solo una via per renderli accessibili alla nostra comprensione: dobbiamo porre allo scoperto ora l'uno ora l'altro dei punti di vista e seguirli nella massa dei dati di fatto, finché ci appare evidente la loro efficacia.

Ogni isolamento dell'azione dei singoli fattori sarà incompleta e non potrà evitare oscurità quando sia applicata a situazioni non ancora studiate; possiamo tuttavia sperare che la sintesi finale ci porti a una buona comprensione.







Esercizi di analisi



1. Qual è l'origine della rimozione?



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


2. Cosa significa che la rimozione è…"una fase preliminare della condanna,[e quindi] una misura intermedia tra la fuga e la condanna"?



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


3. Freud individua due momenti della rimozione: la rimozione originaria e la rimozione vera e propria. Spiega in che cosa consistano tali aspetti.



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


4. La rimozione aumenta o diminuisce la forza del rappresentante istintuale?



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………















5. I contenuti derivati dal rimosso della prima fase sono tutti inaccessibili alla coscienza.


VERO PERCHE' FALSO PERCHE'
















6. Freud avanza l'ipotesi che la rimozione contribuisca anche alla nascita degli ideali; spiega in che modo ciò avverrebbe.



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


7. Freud afferma che la rimozione è individuale e mobile; spiega cosa egli intenda con tali espressioni.



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

sonardj
00giovedì 22 novembre 2007 04:18
3.3 Coscienza e inconscio (S. Freud: L'Io e L'Es- pp. 19-27)



In questo paragrafo introduttivo non ho niente di nuovo da dire e non posso fare a meno di richiamarmi ad argomenti che sono già stati spesso trattati in passato.

La distinzione dello psichico in cosciente e inconscio è il presupposto fondamentale della psicoanalisi; essa soltanto le dà la possibilità di comprendere e inserire in una sistemazione scientifica i così frequenti e importanti processi patologici della vita psichica. In altre parole: la psicoanalisi non può far consistere l'essenza dello psichico nella coscienza, ed è invece indotta a considerare la coscienza come una fra le possibili qualità dello psichico, che può trovarsi congiunta ad altre qualità, come può invece rimanere assente.

Supponendo che tutti coloro che si interessano di psicologia leggano questo scritto, dovrei attendermi già a questo punto che una parte dei lettori si arresti e si rifiuti di procedere oltre; qui sta infatti il primo scibbolet1 della psicoanalisi. Per la maggior parte di coloro che hanno una formazione filosofica, l'idea di alcunché di psichico che non sia anche cosciente è talmente inconcepibile da apparire assurda e suscettibile di esser confutata in base ad argomentazioni meramente logiche. Penso che ciò dipenda dal fatto che costoro non hanno mai studiato i fenomeni che riguardano l'ipnosi e il sogno, fenomeni che - anche a prescindere dalla patologia - conducono necessariamente a questa nostra concezione. La psicologia della coscienza che costoro sostengono è peraltro impotente a risolvere i problemi del sogno e dell'ipnosi.

'Esser cosciente' 'è innanzitutto un termine puramente descrittivo, che si richiama alla percezione più immediata e più certa. L'esperienza ci mostra poi che un elemento psichico, ad esempio una rappresentazione, non è in genere cosciente in modo durevole. E' tipico invece che questo cosciente si dilegui rapidamente; la rappresentazione che ora è cosciente, fra un momento non lo è più, anche se in condizioni facilmente ripristinabili può diventare nuovamente cosciente. Nel frattempo tale rappresentazione è stata non sappiamo bene che cosa. Possiamo dire che è stata latente, intendendo con ciò che è rimasta in ogni momento capace di farsi cosciente. Anche se diciamo che è stata inconscia la descrizione è corretta. Questo inconscio coincide allora con latente - capace di farsi cosciente.

I filosofi potrebbero obiettare: "No, il termine inconscio non può essere qui adoperato; fintantoché la rappresentazione era allo stato di latenza, non era assolutamente alcunché di psichico." E se ci mettessimo fin d'ora a contraddirli, ci imbarcheremmo in una disputa puramente verbale, dalla quale non si ricaverebbe alcun risultato.

Tuttavia noi siamo pervenuti al termine, o al concetto di inconscio, per una via diversa, grazie all'elaborazione di determinate esperienze nelle quali entra in giuoco la 'dinamica' psichica. Abbiamo imparato, siamo cioè stati costretti ad ammettere, che esistono processi psichici o rappresentazioni molto forti - ecco che viene introdotta la considerazione di un momento quantitativo, e dunque economico -, le quali sono capaci di produrre nella vita psichica tutti gli effetti delle rappresentazioni comuni (compresi quegli effetti che a loro volta possono diventare coscienti in qualità di rappresentazioni), pur non diventando esse stesse coscienti. Non occorre ripetere qui nei particolari quanto è già stato descritto assai spesso. Basti dire che la teoria psicoanalitica, a questo proposito, afferma e sostiene che queste rappresentazioni non possono diventare coscienti poiché una certa forza si oppone a ciò, che altrimenti diverrebbero coscienti, e che in tal caso si costaterebbe quanto poco esse differiscano da altri elementi psichici riconosciuti come tali. Questa teoria diventa incontestabile per il fatto che nella tecnica psicoanalitica sono stati trovati mezzi grazie ai quali la forza contrastante può essere soppressa e possono e rese coscienti le rappresentazioni in questione. Chiamiamo rimozione lo stato in cui tali rappresentazioni si trovano prima di diventare coscienti; quanto alla forza che ha prodotto e mantenuto attiva la rimozione, diciamo di avvertirla, durante il lavoro analitico, come una resistenza.

Ricaviamo dunque il nostro concetto di inconscio partendo dalla dottrina della rimozione. Il rimosso è per noi il modello dell'inconscio. Costatiamo però che abbiamo due specie di inconscio: il latente e tuttavia capace di giungere alla coscienza, e il rimosso che in quanto tale e di per sé non è capace di giungere alla coscienza. Questa nostra penetrazione della dinamica psichica non può non influenzare la nomenclatura e il modo di descrivere i fatti. Diciamo preconscio ciò che è latente, e cioè inconscio solo dal punto di vista descrittivo e non in senso dinamico; riserviamo invece a ciò che è rimosso e dinamicamente inconscio, la denominazione di inconscio. Abbiamo in tal modo tre termini: cosciente (c,), preconscio (prec) e inconscio in senso non più meramente descrittivo (inc). Riteniamo che il Prec sia molto più vicino al C di quanto lo sia l'Inc; e poiché abbiamo detto psichico l'Inc, a maggior ragione e senza esitare diremo altrettanto a proposito del Prec latente[…].

[…] Ora ci è possibile manovrare agevolmente i nostri tre termini c, prec, inc; purché non si dimentichi che dal punto di vista descrittivo esistono due tipi di inconscio, mentre dal punto di vista dinamico ve n'è uno soltanto. Ai fini dell'esposizione in alcuni casi si può anche prescindere da questa distinzione; in altri casi invece, essa è ovviamente indispensabile. Per parte nostra non abbiamo avuto grandi difficoltà ad abituarci a questa ambiguità dell'inconscio, e ce la siamo cavata bene. Eliminarla non è, secondo me, possibile. La distinzione fra cosciente e inconscio è in definitiva un problema di percezione, a cui va risposto semplicemente con un sì o con un no; e l'atto della percezione in quanto tale non ci dice nulla sulla ragione in base alla quale qualche cosa viene percepito o non viene percepito. In fin dei conti non possiamo lamentarci se l'elemento dinamico non trova, sul piano fenomenico, che un'espressione ambigua. Proseguendo nel lavoro analitico si costata però che anche queste distinzioni sono inadeguate e insufficienti dal punto di vista pratico. Fra le situazioni che testimoniano questo fatto, si può scegliere la seguente che mi sembra decisiva. Ci siamo fatti l'idea che esista nella persona un nucleo organizzato e coerente di processi che chiamiamo lo di quella persona. A tale Io è legata la coscienza; esso domina le vie d'acceso alla motilità, alla scarica degli eccitamenti nel mondo esterno; l'Io è quella istanza psichica che esercita un controllo su tutti i processi parziali da lui stesso messi in moto; esso è l'istanza psichica che di notte va a dormire e pur tuttavia esercita la censura onirica. Provengono da un tale Io anche le rimozioni in virtù delle quali alcune tendenze psichiche non soltanto rimangono escluse dalla coscienza, ma anche dagli altri modi di agire e di falsi valere. Ciò che viene rimosso si contrappone durante l'analisi all'Io, e compito dell'analisi è eliminare le resistenze che l'Io manifesta a occuparsi del rimosso. Ora, durante l'analisi si può osservare che l'ammalato al quale vengono posti determinati compiti incontra delle difficoltà: le associazioni vengono meno quando dovrebbero avvicinarsi al rimosso. Gli diciamo allora che è dominato da una resistenza; egli però non ne sa nulla, e anche quando i sentimenti spiacevoli che avverte dovrebbero fargli comprendere che una resistenza sta ora agendo in lui, non sa come chiamarla e descriverla. Dato però che questa resistenza proviene certamente dal suo Io e ad esso pertiene, ci troviamo di fronte a una situazione che non avevamo previsto. Abbiamo trovato nell'Io stesso qualche cosa, anch'esso inconscio, che si comporta precisamente alla maniera del rimosso, e cioè qualche cosa che esercita potenti effetti senza divenire in quanto tale cosciente, e che necessita, per esser reso cosciente, di un particolare lavoro. Per la pratica analitica da questa constatazione deriva il seguente effetto: se continuassimo a tener fermo il nostro modo abituale di esprimerci, e se ad esempio volessimo far risalire la nevrosi a un conflitto fra il cosciente e l'inconscio, ci imbatteremmo in innumerevoli difficoltà e oscurità. In base all'esame dei rapporti strutturali esistenti nella vita psichica, dobbiamo, in luogo di tale contrapposizione, porne una diversa: quella fra l'Io coerente e il rimosso che se ne è distaccato. Tuttavia le conseguenze [di questa scoperta] per la nostra concezione dell'inconscio sono ancora più importanti. La considerazione dinamica ci ha indotto a una prima rettifica, l'esame strutturale ce ne reca una seconda. Costatiamo che l'Inc non coincide col rimosso; rimane esatto asserire che ogni rimosso è inc, ma non che ogni Inc è rimosso. Anche una porzione dell'Io, una porzione Dio sa quanto importante dell'Io, può essere, e anzi è certamente inc. E questo Inc dell'Io non è latente nel senso del Prec, giacché se così fosse non dovrebbe poter diventare attivo senza farsi c, né il suo farsi tale dovrebbe dar luogo a difficoltà così grandi. Costretti quindi a istituire una terza specie di Inc non rimosso, dobbiamo riconoscere che il carattere dell'essere inconscio viene a perdere per noi in significato. Si riduce a una qualità plurivoca che non consente di trarre quelle ampie e rigorose conclusioni per le quali avremmo voluto utilizzarlo. D'altronde dobbiamo anche guardarci dal trascurare questo carattere, posto che alla fin fine la proprietà dell'essere o no cosciente rappresenta l'unico faro nella tenebra della psicologia del profondo.



1 Termine ebraico tradizionale, che indica una parola di riconoscimento, la quale serve a distinguere dai nemici coloro che sono dalla nostra parte.





Esercizi di analisi



1. Qual è la tesi principale del brano?



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


2. Perché i filosofi tendono a negare la realtà dell'inconscio?



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


3. Qual è a tuo avviso la differenza tra il metodo di indagine di Freud e quello tradizionale dei filosofi, come hai imparato a conoscerlo nel tuo percorso di studi?



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
4. Che differenza sussiste tra inconscio e preconscio, e quindi tra il punto di vista descrittivo e quello dinamico?



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


5. Cos'è l'Io e quali sono le sue funzioni?



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


6. Inconscio e rimosso sono, di fatto, la stessa cosa.
Vero perché Falso perché










7. Quali elementi permettono a Freud di riconoscere una parte inconscia anche nell'Io?



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………





sonardj
00giovedì 22 novembre 2007 04:18
3.4 L'lo e l'Es (S. Freud : L'Io e l'Es , pp. 28-41)



La ricerca in campo patologico ha fatto sì che il nostro interesse si rivolgesse in modo troppo esclusivo al rimosso. Ora che sappiamo che anche l'lo può essere inconscio nel vero senso della parola, vorremmo conoscerlo meglio. Nel corso delle nostre indagini l'unico punto di riferimento è stato fino ad ora il tratto caratteristico dell'essere cosciente o inconscio; ma abbiamo veduto come tale indicazione possa assumere più di un significato.

Va detto che tutto il nostro sapere è invariabilmente legato alla coscienza. Anche l'Inc possiamo imparare a conoscerlo solo rendendolo cosciente. Un momento: ma come è possibile questo? Che cosa significa 'rendere cosciente qualche cosa'? Com'è che ciò può avvenire?

Sappiamo già da dove dobbiamo partire. Abbiamo detto che la coscienza costituisce la superficie dell'apparato psichico; l'abbiamo cioè attribuita, in quanto funzione, a un sistema spazialmente collocato al primo posto, se si procede dal mondo esterno. Spazialmente non solo in senso funzionale, del resto, ma questa volta anche nel senso della dissezione anatomica. Anche la presente indagine deve partire da questa superficie percipiente.

Innanzitutto sono c tutte le percezioni: quelle che ci giungono dall'esterno (le percezioni sensoriali) e quelle che provengono dall'interno, e che chiamiamo sensazioni e sentimenti. Come stanno però le cose con quei processi interni che - in modo rozzo e impreciso - possiamo indicare globalmente come processi di pensiero? Essi si producono in qualche luogo all'interno dell'apparato come spostamenti di energia psichica sulla via dell'azione. Orbene sono questi processi che si affacciano alla superficie dove si origina la coscienza? Oppure è la coscienza che giunge fino ad essi? E', qui visibile una delle difficoltà che si incontrano quando si voglia prendere sul serio la rappresentazione spaziale, topica, dell'accadere psichico. Entrambe le possibilità sono ugualmente inconcepibili, e dev'esserci una terza soluzione. Altrove ho già formulato l'ipotesi che la vera differenza fra una rappresentazione (o pensiero) inc e una rappresentazione prec consista nel fatto che la prima si produce in relazione a qualche materiale che rimane ignoto, mentre nella seconda (la prec) interviene in aggiunta un collegamento con rappresentazioni verbali. Questo è il primo tentativo di stabilire in modo diverso da quello del riferimento alla coscienza, contrassegni distintivi per i due sistemi Prec e Inc. Allora la domanda: Com'è che qualche cosa diventa cosciente? andrebbe formulata più adeguatamente nel modo seguente: Com'è che qualche cosa diventa preconscio? E la risposta dovrebbe essere: attraverso il collegamento con le relative rappresentazioni verbali.

Queste rappresentazioni verbali sono residui mnestici; esse sono state in passato percezioni, e come tutti i residui mnestici possono ridiventare coscienti. Prima di procedere oltre nella trattazione della loro natura, riusciamo a intravedere un nuovo punto di vista; soltanto quanto è già stato una volta percezione c può diventare cosciente; e, se si escludono i sentimenti, ciò che dall'interno vuol diventare cosciente, deve cercare di trasformarsi in percezioni provenienti dall'esterno. Questo è possibile mediante le tracce mnestiche.

Riteniamo che i residui mnestici ci siano conservati in sistemi che premono direttamente sul sistema P-C (percezione - coscienza) talché i loro investimenti possono facilmente estendersi dall'interno agli elementi di quest'ultimo sistema. A questo proposito vien subito in mente l'allucinazione, e il fatto che il ricordo più vivace si distingue pur sempre dalle allucinazioni, come dalla percezione esterna; nello stesso tempo si può osservare però che nella riattivazione di un ricordo l'investimento rimane trattenuto nel sistema mnestico, mentre per il prodursi dell'allucinazione (che in quanto tale non si distingue dalla percezione) bisogna che l'investimento non solo si estenda dalla traccia mnestica all'elemento P, ma trapassi completamente in esso.

I residui verbali provengono essenzialmente da percezioni acustiche, cosicché si ha in un certo modo una origine sensoriale specifica per il sistema Prec. Per il momento si possono trascurare come secondarie le componenti visive, generate dalla lettura della rappresentazione verbale; lo stesso vale per le immagini motorie della parola, le quali - salvo che per i sordomuti - svolgono la funzione di segni ausiliari. La parola è essenzialmente il residuo mnestico di una parola udita.

Non dobbiamo tuttavia, per amor di semplificazione, dimenticare o misconoscere l'importanza dei residui mnestici ottici, quando essi si riferiscono a cose, né trascurare o negare la possibilità che il diventare cosciente dei processi di pensiero si realizzi attraverso il ritorno di residui visivi; ché anzi per molte persone proprio questa sembra la via preferita. Circa i caratteri di questo pensiero visivo possiamo farcene un'idea attraverso lo studio dei sogni e delle fantasie preconsce, come dimostrano le osservazioni di J. Varendonck . Si costata allora che perlopiù soltanto il materiale concreto del pensiero diventa cosciente, e invece non può essere data espressione visiva a quelle relazioni che costituiscono le caratteristiche peculiari dell'attività di pensiero. Il pensare per immagini è dunque un modo assai incompleto di divenire cosciente. Un tale pensare è inoltre in certo modo più vicino ai processi inconsci di quanto lo sia il pensiero in parole, e risale indubbiamente, sia sotto l'aspetto ontogenetico che filogenetico, a un'epoca più antica rispetto a quest'ultimo.

Tornando al nostro argomento, se la via da percorrere consiste nel determinare come qualche cosa di per sé inconscio diventi preconscio, alla domanda su come noi rendiamo (pre)conscio ciò che è rimosso bisogna rispondere nel modo seguente: mediante la inserzione, attraverso il lavoro analitico, di, questi elementi prec intermedi. La coscienza rimane dunque al suo posto, né, d'altra parte, l'Inc è risalito fino alla coscienza.

Mentre il rapporto della percezione esterna con l'Io è del tutto chiaro, quello della percezione interna con lo stesso Io richiede una indagine particolare. Esso fa sorgere nuovamente un dubbio sulla legittimità di ricondurre tutta la coscienza all'unico sistema superficiale P-C. La percezione interna fornisce sensazioni relative a processi appartenenti ai più svariate certamente anche ai più profondi strati dell'apparato psichico. Di tali sensazioni si sa poco; la cosa migliore è ancora rifarsi al modello costituito dalla serie piacere- dispiacere. Queste sensazioni sono più primordiali, più elementari delle sensazioni provenienti dall'esterno, e possono prodursi anche in stati di coscienza crepuscolare. Mi sono occupato altrove della loro grandissima importanza economica e del loro fondamento metapsicologico. Sono sensazioni plurilocalizzate al modo stesso delle percezioni esterne, e possono provenire contemporaneamente da località diverse per cui le loro qualità possono essere diverse e anche fra loro opposte.

Le sensazioni con carattere di piacere non presentano in sé stesse nulla di propulsivo, mentre le sensazioni di dispiacere presentano questo elemento propulsivo in grado elevatissimo. Spingono al cambiamento, alla scarica; perciò interpretiamo il dispiacere come un'accentuazione, il piacere come una riduzione dell'investimento energetico. Se ciò che diventa cosciente come piacere o dispiacere viene indicato come un quid quantitativo- qualitativo nel corso dell'accadere psichico, si presenta il problema se questo quid possa divenire cosciente là dove si trova, o se debba invece venir trasmesso fino al sistema P.

L'esperienza clinica decide per la seconda soluzione. Mostra che questo quid si comporta come un impulso rimosso. Può sviluppare una forza prorompente senza che l'Io ne avverta la coazione. Solo la resistenza contro tale coazione, solo l'arrestarsi della reazione di scarica, rende immediatamente cosciente questo quid come dispiacere. Al modo stesso delle tensioni che nascono dal bisogno, può rimanere inconscio anche il dolore [fisico], questo alcunché di intermedio fra percezione esterna e interna, che si comporta come una percezione interna anche quando prende origine dal mondo esterno. Rimane pertanto esatto asserire che anche le sensazioni e i sentimenti diventano coscienti solo pervenendo al sistema P. Se la ,via d'accesso è sbarrata, non arrivano ad essere sensazioni, anche se il quid che ad esse corrisponde è il medesimo. In modo abbreviato, pur se non del tutto corretto, parliamo in tal caso di 'sensazioni inconsce', mantenendo l'analogia (non completamente giustificata) con le rappresentazioni inconsce. La differenza sta nel fatto che la rappresentazione inc, per essere portata alla C, richiede che vengano prodotti gli elementi di collegamento [verbale], mentre ciò non vale per le sensazioni, le quali si trasmettono direttamente. In altre parole: la distinzione fra C e Prec per le sensazioni è priva di senso; il Prec qui manca, le sensazioni o sono coscienti o sono inconsce. Anche quando sono collegate a rappresentazioni verbali, non diventano coscienti a mezzo di queste ultime, ma in modo diretto.

La funzione delle rappresentazioni verbali diventa ora perfettamente chiara. Per mezzo loro i processi interni di pensiero si trasformano in percezioni. E' come se dovesse essere dimostrata la tesi che ogni sapere proviene dalla percezione esterna. Quando si verifica un sovrainvestimento dell'attività di pensiero, i pensieri vengono effettivamente percepiti come provenienti dall'esterno, e perciò considerati veri.

Ora che abbiamo in tal modo chiarito i rapporti fra percezione, esterna e interna, e il sistema superficiale P-C, possiamo procedere nella costruzione della nostra immagine dell'Io. Noi lo vediamo estendersi dal suo primo nucleo che è il sistema P, così da comprendere innanzitutto il Prec che si appoggia ai residui mnestici. L'lo però, come abbiamo veduto, è anche inconscio. Mi sembra che si possa trarre un gran vantaggio seguendo il suggerimento di un autore il quale, per motivi personali, si ostina invano a dichiarare di non avere nulla da spartire con la scienza, intesa nel suo più rigoroso ed elevato significato. Mi riferisco a Georg Groddeck, il quale non si stanca di sottolineare che ciò che chiamiamo il nostro Io si comporta nella vita in modo essenzialmente passivo, e che - per usare la sua espressione - noi veniamo vissuti da forze ignote e incontrollabili. Abbiamo tutti provato tali impressioni, anche se esse non ci hanno sopraffatto al punto di farci escludere tutto il resto. Non disperiamo di trovare nel contesto della scienza il posto che compete alla concezione di Groddeck. Propongo di tenerne conto, e di chiamare l'lo quell'entità che scaturisce dal sistema P e comincia col diventare prec; e di seguire Groddeck, chiamando 'I'Es' quell'altra parte della psiche nella quale l'lo si continua, e che si comporta in maniera inc.

Vedremo ben presto se si possa trarre qualche vantaggio da una tale concezione ai fini della descrizione e comprensione dei fatti. Un individuo è dunque per noi un Es psichico, ignoto e inconscio, sul quale poggia nello strato superiore l'lo sviluppatosi dal sistema P come da un nucleo. Sforzandoci di fornirne una rappresentazione grafica, aggiungeremo che l'lo non avviluppa interamente l'Es, ma solo quel tanto che basta a far sì che il sistema P formi la sua superficie [dell'Io], e cioè più o meno come il disco germinale poggia sull'uovo. L'lo non è nettamente separato dall'Es, ma sconfina verso il basso fino a confluire con esso.

Ma anche il rimosso confluisce con l'Es, di cui non è altro che una parte. Il rimosso è separato nettamente soltanto dall'Io, mediante le resistenze della rimozione; può tuttavia comunicare con l'lo attraverso l'Es. Possiamo subito renderci conto che quasi tutte le differenziazioni descritte in base alla patologia riguardano soltanto gli strati superficiali dell'apparato psichico, i soli, peraltro, che ci sono noti. Si può abbozzare per le relazioni di cui stiamo discutendo una rappresentazione grafica che non ha la pretesa di fornire una particolare interpretazione, essendo intesa esclusivamente a facilitare l'esposizione. Comunque accenniamo al fatto che l'lo porta un 'berretto auditivo', il quale, secondo quanto ci attesta l'anatomia del cervello, si trova da una parte soltanto. E' per così dire, posato di sghimbescio.











E' facile rendersi conto che l'lo è quella parte dell'Es che ha subìto una modificazione per la diretta azione del mondo esterno grazie all'intervento del [sistema] P-C: in certo qual modo è una propaggine della differenziazione superficiale. L'lo si sforza altresì di far valere l'influenza del mondo esterno sull'Es e sulle sue intenzioni tentando di sostituire il principio di realtà al principio di piacere, che nell'Es esercita un dominio incontrastato. La percezione ha per l'lo la funzione che nell'Es spetta alla pulsione. L'Io rappresenta ciò che può dirsi ragione e ponderatezza, in opposizione all'Es che è il ricettacolo delle passioni. Tutto ciò corrisponde alle ben note distinzioni popolari, ma va tuttavia inteso soltanto come situazione media o in senso ideale.

L'importanza funzionale dell'Io è testimoniata dal fatto che normalmente gli è attribuito il controllo delle vie di accesso alla motilità. L'lo può quindi essere paragonato, nel suo rapporto con l'Es, al cavaliere che deve domare la prepotente forza del cavallo, con la differenza che il cavaliere cerca di farlo con mezzi propri mentre l'lo lo fa con mezzi presi a prestito. Si può proseguire nell'analogia. Come il cavaliere, se non vuole essere disarcionato dal suo cavallo, è costretto spesso a ubbidirgli e a portarlo dove vuole, così anche l'Io ha l'abitudine di trasformare in azione la volontà dell'Es come se si trattasse della volontà propria.

Sulla genesi dell'Io e sulla sua differenziazione dall'Es sembra aver agito anche un fattore diverso, oltre all'influenza del sistema P. Il corpo, e soprattutto la sua superficie, è un luogo dove possono generarsi contemporaneamente percezioni esterne e interne. Esso è visto come qualsiasi altro oggetto, ma al tatto dà luogo a due specie dì sensazioni, una delle quali può essere equiparata a una percezione interna. A stato studiato a fondo in psicofisiologia il modo come dal mondo delle percezioni emerga la percezione del proprio corpo. Anche il dolore [fisico] sembra svolgervi una certa funzione, e il modo in cui in determinate malattie dolorose si ricava una nuova conoscenza relativa ai propri organi è forse paradigmatico per il modo in cui si perviene in generale alla rappresentazione del proprio corpo.

L'lo è anzitutto un essere corporeo; non è soltanto un'entità superficiale, ma è esso stesso la proiezione di una superficie. Volendo cercare un'analogia anatomica la cosa migliore è identificarlo con l'homunculus del cervello di cui parla l'anatomia, il quale si trova nella corteccia cerebrale capovolto, con i piedi protesi verso l'alto, mentre guarda all'indietro e reca, come noto, a sinistra la zona del linguaggio.

Il rapporto dell'Io con la coscienza è stato ripetutamente messo in rilievo; qui però vanno descritti nuovamente alcuni importanti dati di fatto. Abituati a far nostro per ogni dove il punto di vista di una valutazione sociale ed etica, non ci meraviglia sentire che la spinta delle passioni deteriori debba svolgersi nell'inconscio; in compenso ci aspettiamo che le funzioni psichiche trovino tanto più facilmente accesso sicuro alla coscienza quanto più elevato è il posto che occupano nella scala di quei valori. Ma l'esperienza psicoanalitica ci disinganna su questo punto. Abbiamo da un lato prove che persino un lavoro intellettuale sottile e difficile, che normalmente richiede una rigorosa meditazione, può essere effettuato in modo preconscio senza pervenire alla coscienza. Non possono esservi dubbi su casi di questo genere: essi si verificano ad esempio nel sonno. Un individuo, subito dopo il risveglio, può trovarsi in possesso della soluzione di un difficile problema matematico o di altra natura, al quale durante il giorno si era applicato invano.

Di gran lunga più peregrina è però un'altra esperienza. Apprendiamo dalle nostre analisi che vi sono persone nelle quali l'autocritica e la coscienza morale- e cioè prestazioni della psiche alle quali viene attribuito un grandissimo valore - sono inconsce, e producono proprio in quanto tali i loro effetti più rilevanti. Il fatto che nell'analisi la resistenza rimanga inconscia non è dunque per nulla l'unica situazione di questa specie. Tuttavia la nuova esperienza che ci costringe - a dispetto della nostra migliore consapevolezza critica - a parlare di un "senso di colpa inconscio', costituisce qualche cosa di ancor più imbarazzante e ci propone un nuovo enigma, specialmente se finiamo col renderci conto che un tale senso di colpa inconscio svolge in un gran numero di nevrosi una funzione decisiva da un punto di vista economico e oppone i più forti ostacoli sul cammino della guarigione. Volendo ritornare alla nostra scala di valori, dobbiamo dunque dichiarare che non soltanto le cose più profonde, ma anche quelle che per l'Io sono le più elevate, possono essere inconsce. E in questo modo è come se ci venisse data la dimostrazione di quanto abbiamo prima asserito a proposito dell'Io cosciente: che esso è prima di ogni - altra cosa un Io- corpo.



Esercizi di analisi





1. Per quale motivo la domanda " com'è che qualcosa diventa cosciente" va trasformata nella domanda "com'è che qualcosa diventa pre -conscio?



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..


2. Ricostruisci con parole tue il rapporto dell'Io con la percezione esterna e con quella interna.



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..


3. Qual è la funzione delle rappresentazioni verbali e che differenza c'è tra rappresentazioni e sensazioni inconsce?



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..


4. Introducendo il concetto di Es Freud ha ampliato anche la definizione dell'Io che hai trovato nel brano precedente. Indica quindi:

1. cosa si intenda per Es e se esso coincida o meno integralmente con l'inconscio;
2. come venga completata la definizione dell'Io in funzione dell'Es e quali siano i rapporti tra di essi;
3. il motivo per cui Freud definisca l'Io anzitutto come un essere corporeo.



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..



5. Solo le passioni deteriori hanno la facoltà di rimanere inconsce.
Vero perché Falso perché
























sonardj
00giovedì 22 novembre 2007 04:19
3.5 L'Io e il Super- Io (ideale dell'io) (S: Freud: L'Io e l'Es, pp.42-58)

[Come dall'Es si sarebbe separato, a contatto col mondo esterno, l'Io, così all'interno dell'Io si sarebbe separato, come conseguenza del superamento del complesso edipico, il Super-Io. Il bambino, attaccato alla madre con tutta la sua piccola vita, fin quasi a identificarsi con lei, avrebbe ben presto provato un sentimento di rivalità nei confronti del padre, rivalità subito repressa, anche a causa della sua identificazione col padre, di cui necessariamente ammira e venera la potenza e la superiorità. Tali sentimenti sarebbero rimasti, assieme al senso di colpa, anche dopo il superamento della grande crisi, e questi sentimenti sarebbero alla base della religione, della moralità e del sentimento sociale.]

Se l'lo fosse solo quella parte dell'Es che viene modificata dall'influsso del sistema delle percezioni, se fosse il rappresentante nell'apparato psichico del mondo esteriore, avremmo da fare con una situazione di fatto assai semplice. Ma si deve invece aggiungere qualcosa d'altro. Altrove sono stati discussi i motivi che ci hanno costretto ad ammettere una differenziazione all'interno dell'Io, che abbiamo chiamata Io ideale o Super-Io . Quei motivi rimangono ancora validi. Ma poiché questa parte dell'Io ha una relazione un pò meno stretta colla coscienza di quella che aveva l'Es, vogliamo chiarire questo fatto nuovo.

Dobbiamo qui fare una digressione. Ci era riuscito di spiegare la dolorosa sofferenza della malinconia coll'ipotesi che l'oggetto perduto è stato di nuovo eretto all'interno dell'Io, ossia che la carica oggettuale viene ora impiegata in una identificazione 1. Ma allora non conoscevamo il significato completo di questo processo e non sapevamo quanto frequente e tipico fosse. Abbiamo capito in seguito che tale sostituzione svolge una grande funzione nella formazione dell'Io e contribuisce molto a configurare ciò che si chiama il suo carattere. All'origine, nella primitiva fase orale dell'individuo, la concentrazione della carica libidica su di un oggetto non differiva dalla identificazione. Si può supporre che più tardi le concentrazioni di carica provengano dall'Es, il quale sente le tendenze erotiche come bisogni. L'Io, che all'inizio è ancora debole, diventa poi consapevole delle concentrazioni di carica e si compiace in esse, o cerca di difendersi da esse mediante la rimozione. Se l'oggetto sessuale deve essere tolto, interviene spesso un'alterazione nell'Io che va descritta come una ricostituzione dell'oggetto all'interno del],io; come succede nella malinconia, non si hanno finora indicazioni più precise di tale sostituzione. Può darsi che l'Io, con questa introiezione ", che è una specie di regressione al meccanismo della fase orale, renda più facile o più possibile la perdita dell'oggetto... Questa trasformazione della scelta di un oggetto erotico in un'alterazione dell'Io è anche un metodo col quale l'Io ottiene un controllo sull'Es e può approfondire le sue relazioni con esso, certamente acquistando una maggiore disponibilità alle esperienze che derivano dall'Es. Quando l'Io assume gli aspetti dell'oggetto fa pressione, per così dire, per diventare lui stesso l'oggetto d'amore dell'Es, quasi dicendogli: " Vedi, tu puoi amare anche me; sono talmente simile all'oggetto!".

La trasformazione dell'attitudine libidica verso un oggetto in libido narcisistica, che qui vediamo, porta evidentemente con sé un abbandono degli scopi sessuali, una desessualizzazione, e quindi una specie di sublimazione. Qui si presenta anzi una questione degna di una più precisa considerazione, se non sia questa la via comune che porta alla sublimazione, se ogni sublimazione non sia ottenuta attraverso la mediazione dell'Io, che inizia col mutare la libido oggettuale di carattere sessuale in un'altra di tipo narcisistico, per poterle dare in seguito un'altra meta...

Quali che siano le successive resistenze del carattere agli influssi delle cariche oggettuali perdute, gli effetti delle prime identificazioni avvenute nell'età più precoce saranno i più generali e duraturi. Questo ci riporta alla nascita dell'ideale dell'Io, perché dietro di essa si nasconde la prima e più significativa identificazione dell'individuo: quella col padre, avvenuta al tempo della preistoria di una persona 2. Questa identificazione non sembra essere l'esito o lo sbocco di una concentrazione di carica libidica su di un oggetto: è infatti diretta, immediata e antecedente a ogni concentrazione del genere. All'opposto, la scelta degli oggetti che appartengono al primitivo periodo sessuale e si dirigono sul padre e sulla madre, sembra che nel decorso normale prendano il loro avvio da tale identificazione e vengano a rinforzare quell'identificazione primaria...



Così si può supporre che il più generale risultato della fase sessuale dominata dal complesso di Edipo sia una durevole modificazione dell'Io consistente nell'instaurazione di queste due "' identificazioni connesse l'una all'altra. Tale modificazione dell'Io conserva la sua specifica fisionomia e si contrappone come Io ideale o Super-Io al rimanente contenuto dell'Io.

Il Super-Io non è però semplicemente un residuo delle prime scelte di oggetti da parte dell'Es ma ha anche il significato di una energica formazione di reazione a loro riguardo. La sua relazione con l'Io non si esaurisce nell'avvertimento: Devi essere così (come il padre), ma comprende anche il divieto: Tu non puoi essere così (come il padre), ossia non . puoi fare quello che egli fa; qualcosa rimane riservata a lui. Questo doppio volto dell'Io ideale si deduce dal dato di fatto che questo Io ideale si è preoccupato di rimuovere il complesso di Edipo, che, anzi, deve la sua esistenza a questo evento rivoluzionario. La rimozione del complesso di Edipo non è stato evidentemente un compito facile.

Poiché i genitori, particolarmente il padre, si sono rivelati come l'ostacolo alla realizzazione dei desideri edipici, l'Io infantile si è rinforzato in tale opera di rimozione, erigendo egli stesso questo ostacolo in sé. In certo qual modo egli ha preso in prestito dal padre la forza necessaria, e questo prestito è un atto estremamente denso di conseguenze. Il Super- lo conserverà il carattere del padre, e quanto più forte era il complesso di Edipo, quanto più rapido è stata la sua rimozione (sotto l'influsso dell'autorità, dell'insegnamento religioso, dell'istruzione, delle letture), tanto più forte diventerà in seguito il dominio del Super-Io sull'Io, sotto forma di coscienza, o come inconscio senso di colpa... A tutti coloro che, scossi nella loro coscienza morale, ci hanno obiettato che ci deve pur essere un'essenza superiore dell'uomo, possiamo rispondere, ora che ci siamo cimentati nell'analisi dell' lo:

" Certo, e questa essenza superiore è l'Io ideale o Super-Io, il rappresentante dei nostri rapporti coi genitori. Piccoli bambini, abbiamo imparato a conoscere questi esseri superiori, li abbiamo ammirati, temuti, e, più tardi, li abbiamo accolti in noi stessi .

L'lo ideale è dunque l'eredità del complesso di Edipo, e, conseguentemente, l'espressione delle tendenze più forti e delle destinazioni più importanti degli istinti libidici. Istituendo questo lo-ideale l'lo ha dominato il complesso di Edipo e nello stesso tempo si è sottomesso all'Es- Mentre l'Io è essenzialmente il rappresentante del mondo esterno, della realtà, il Super Io gli si contrappone come regolatore del mondo interiore, dell'Es. I conflitti tra l'Io e l'ideale rispecchieranno innanzitutto - ora siamo in grado di scoprirlo - il contrasto tra reale e psichico, tra mondo esteriore e mondo interiore.

Ciò che la biologia e i destini della specie umana hanno creato e depositato nell'Es, viene accolto dall'Io in grazia della formazione dell'ideale, e da lui rivissuto in forma individuale. In conseguenza della storia della sua formazione, l'Io ideale è nella connessione più stretta con l'eredità filogenetica, con l'eredità arcaica dell'individuo. Ciò che appartiene alla regione più profonda della vita psichica di un individuo, diventa, in grazia della formazione dell'Io ideale, ciò che vi è di più elevato nell'anima dell'umanità secondo la scala dei nostri valori.

Ma si tenterebbe invano di localizzare l'Io ideale in maniera analoga a quanto si è fatto per l'Io, o di piegarlo a una di quelle analogie colle quali abbiamo cercato di configurare il rapporto esistente tra l'Io e l'Es.

E' facile mostrare che l'Io ideale soddisfa a tutte le condizioni richieste per una superiore essenza dell'uomo. In quanto formazione sostitutiva della passione per il padre, contiene il germe da cui sono nate tutte le religioni. Dal giudizio del dislivello tra l'Io e il suo ideale nasce l'umile, religioso sentimento a cui il credente appassionatamente si richiama. Nel successivo decorso dello sviluppo i maestri, le autorità hanno continuato a svolgere il ruolo prima riservato al padre; i loro comandi e divieti sono rimasti ben fermi nell'Io ed esercitano ora, sotto forma di coscienza morale, la loro censura. La tensione tra le esigenze della coscienza e le " prestazioni dell'Io è sentita come senso di colpa. I sentimenti sociali riposano sull'identificazione cogli altri sulla base di uno stesso Io ideale.

Religione, morale e senso sociale, questi tre contenuti principali della superiore essenza dell'uomo (prescindiamo qui dalla scienza e dall'arte) non formano all'inizio che un tutto unitario. Secondo l'ipotesi formulata in Totem e tabù " quei tre elementi sono stati acquisiti per evoluzione filogenetica dal complesso del padre: la religione e le limitazioni morali dal superamento del complesso di Edipo, i sentimenti sociali dalla necessità di superare i resti di rivalità tra i membri della giovane generazione. In tutte queste conquiste morali pare che il sesso maschile abbia aperto la strada, mentre un'eredità incrociata avrebbe poi portato quel patrimonio anche alle donne. Ancor oggi il senso sociale si produce nei singoli come una sovrastruttura elevata sulle inclinazioni di gelosa rivalità nei riguardi di fratelli e sorelle. Poiché la rivalità non può placarsi, viene sostituita da una identificazione con colui che prima era un rivale.



1 " Solo che io ho attribuito erroneamente a questo Super- lo la funzione di prova della realtà, il che va corretto. E', solo attribuendo il principio della realtà alle relazioni dallo col mondo delle percezioni, che esso riceve la sua prova. - Anche le precedenti affermazioni, del resto vagamente espresse, a riguardo del nucleo dell'Io, devono ora venire ridimensionate nel senso che solo il sistema percezione- coscienza costituisce quel nucleo " [N.d.F.].

2 Forse sarebbe più prudente dire 'coi genitori', perché il padre e la madre non vengono trattati differentemente prima che si abbia una sicura conoscenza della differenza dei sessi " [N.d.F]









Esercizi di analisi



1. Ricostruisci la genesi del Super- Io a partire dal superamento del complesso edipico(vedi).



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


2. Attraverso quale processo viene superata la fase edipica?



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


3. Perché, secondo Freud, oltre al comando "Devi essere così " il Super- Io contiene anche quello "Tu non puoi" ? A che cosa si sta riferendo?



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


4. Si può affermare che il Super- io coincida tout court con la coscienza morale?
Si perché No perché
















5. Alla luce delle tue conoscenze, filosofiche e non, concernenti il problema etico, discuti criticamente l'affermazione freudiana secondo cui "…l'Io ideale soddisfa tutte le condizioni richieste per una suoeriore essenza dell'uomo…",specificando inoltre se ideale dell'Io e Super-Io siano o meno la stessa e identica cosa.



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………



Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 14:19.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com