Doom 3 - Xbox (Recensione)

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tenorsax1
00lunedì 18 aprile 2005 13:42
L’fps si tinge di sangue e arriva su Xbox.

Ero solo un marine. Un semplice marine. Nemmeno un nome, ma poco male, l’UAC Research Facility era un posto tranquillo. Almeno fin quando, improvvisamente e senza alcuna spiegazione razionale dietro, demoni e mostri di ogni tipo piombarono nella base marziana. L’inferno mi si era parato davanti senza preavviso, e dinnanzi a me solo l’oscurità, schizzi di sangue, urla straziate e mostri. Tanti, tanti mostri. Ero un singolo, semplice marine. Ma con un arma in mano.

Referenziato da una versione PC capace di dividere in due tronconi il popolo videoludico, con continue diatribe e accesi dibattiti contrapponenti detrattori ad estimatori, l’acclamato shooter made in Id Software arriva ora sulla console di Zio Bill. Doom 3 corrisponde perfettamente allo stereotipo dell’fps vecchia scuola, dove al giocatore è richiesto ben poco oltre al versare chili di piombo contro nemici che spuntano da ogni dove e proseguire lungo i livelli più lineari mai pensati dai level designer del pianeta. A onor del vero, una piccola differenziazione dal modello di base è presente, individuabile nell’oscurità delle ambientazioni che richiedono un uso intensivo della torcia per illuminare l’ambiente circostante. Dall’impossibilità di utilizzare contemporaneamente la pila per proiettare la luce e l’arma per sparare alle mostruosità presenti (incoerenza paradossale in una futuristica base su Marte nel 2145), D3 tenta di ricreare sgomento e terrore nel giocatore, privandolo appunto di quella sicurezza dovuta alla presenza fissa di un BFG 9000 tra le mani.

L’UAC Research Facility è la base del pianeta rosso ove noi, nei panni di un marine non meglio identificato, ci ritroveremo in un vero e proprio inferno senza alcuna spiegazione logica. La trama difatti non gioca un ruolo fondamentale dato il suo esiguo spessore, ma è l’atmosfera claustrofobica che riesce a tappare la piccola lacuna creatasi in tal senso. Per quanto armati di tutto punto, si è costretti a girare in spazi stretti e angusti con una torcia in mano per illuminare la via. La già citata impossibilità di usare contemporaneamente arma e torcia, costringe il fruitore del prodotto a proseguire in maniera guardinga, avanzando lentamente e tirando fuori l’arma in presenza dei molteplici nemici. Grazie a un’oscurità dilagante, e a mostri posizionati in punti strategici, in qualsiasi momento qualunque cosa potrà sbucare all’improvviso e attaccare. Panico. Proprio la distribuzione “intelligente” dei nemici, riesce a ricreare sgomento nel giocatore, intrappolato in cunicoli dove ad ogni angolo può nascondersi un'insidia, e costretto sempre a guardarsi le spalle perché, anche dopo aver superato un corridoio, questi potrebbero sbucare dal tragitto appena compiuto.

I level designer non si sono sforzati tantissimo nel rendere varia l’ambientazione, sfornando una base ripetitiva dal punto di vista architettonico che propone un susseguirsi di corridoi identici e spazi visti e rivisti. Ciò comporta da un lato la ripetitività dello scenario, dall’altro un’azione di gioco che non trova pause e dove la minaccia è sempre presente. In D3 è praticamente impossibile interagire con l’ambiente circostante, se non per distruggere bidoni esplosivi e aprire porte, inserire qualche codice e via. Essendo la via da seguire sempre una sola, sarà davvero difficile smarrirsi, cosicché il senso di sfida sarà dato unicamente dai demoni che ci attaccheranno. L’intelligenza artificiale di questi ultimi lascia a desiderare, ma essendo demoni e mostri pare chiaro come tattiche militari o azioni di copertura mal si addicano a questo genere di avversari. Nonostante ciò, grazie alla loro superiorità numerica e alla propensione di apparire nel momento meno opportuno, renderanno la sfida sempre alta, anche grazie a un ottimo bilanciamento dell’arsenale che richiederà un uso intensivo di tutte le armi presenti. Certamente è poco rassicurante circolare per corridoi fotocopia che si susseguono senza sosta di continuità, ma almeno non bisogna fare da balia a soldati del nostro team che più che elementi di un corpo speciale sembrano dei kamikaze giapponesi, non bisogna preoccuparsi di niente tranne che di noi stessi, e se per una volta veniamo uccisi in modo tragicomico, ben venga, tanto non saremo derisi dall’irriverenza dei nostri compagni.

Purtroppo, la linearità stessa dei livelli e una formula di gioco che richiede solamente un continuo rigurgito di proiettili contro nemici, sono fattori che nel 2005 vanno controtendenza, poiché laddove il genere fps tenta un rinnovamento, D3 si dimostra concettualmente vecchio e superato. Una scelta indubbiamente coraggiosa, quella dei programmatori, ma che da luce a un titolo che già dopo le prime ore diventa inevitabilmente ripetitivo, allontanandosi decisamente dalla definizione di pure gaming. Un vero peccato, perché tecnicamente il lavoro di conversione effettuato dai Vicarious Visions è degno di lode, in grado di non sfigurare dinnanzi alla controparte PC. Tecnicamente eccelso, ma non certo magistrale dal punto di vista artistico – un carosello di corridoi che si susseguono senza sosta di continuità – sfoggia un frame rate stabile e ancorato ai 30 fps (tranne qualche sporadico calo, tranquillamente ignorabile), e un impatto visivo fuori parametro che si pone ai primi posti nella softeca Xbox. Le texture rimangono in bassa risoluzione e alcuni mostri godono di un numero di poligoni inferiore, ma sono compromessi inevitabili per trasportare un prodotto simile su un macchina decisamente meno performante dei PC attuali. D’effetto anche il reparto audio, che più di una colonna sonora si avvantaggia di grida, urla, gemiti da far drizzare i capelli, nonché di effetti sonori discretamente ricreati.

Doom 3 è simultaneamente un monumento alla filosofia spicciola dell’fps vecchia scuola e un’esibizionistica esercitazione di stile da parte della Id Software. Un museo degli orrori grandioso sotto il profilo formale, ma carente da quello sostanziale, cominciando da un gameplay anacronistico a cui fa seguito un’esperienza ludica refrattaria, frigida verso il finale dell’avventura. Sarebbe impossibile esprimersi diversamente dinnanzi a un titolo che, negli otto mesi oramai passati dalla sua release in versione PC, ha suscitato parecchio malcontento nei confronti di chi aspettava novità strutturali o un gameplay ben più corposo. Niente di tutto ciò, ma d’altro canto D3 corrisponde perfettamente all’identikit del prodotto promesso dai programmatori, un remake dell’ormai storico Doom rivisto in chiave moderna e reduce da un corso intensivo di body building a livello tecnico.
tenorsax1
00lunedì 18 aprile 2005 13:42
tenorsax1
00lunedì 18 aprile 2005 13:43
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