BORDERLINE

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sonardj
00giovedì 22 novembre 2007 01:29


IL DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITÀ

a cura del Dr. Catello Orazzo (scrivi)
È più frequente nelle donne, e solitamente compare nell’adolescenza o nella prima età adulta.
La sua incidenza nel corso degli ultimi decenni è apparsa in sensibile aumento. Si calcola che circa il 3% della popolazione è affetta dalla forma clinica completa e una percentuale molto maggiore presenta forme cliniche parziali.
Le persone affette da questo disturbo presentano una sensibilità estremamente spiccata e un’emotività molto vivida. Queste caratteristiche possono essere causa di enormi sofferenze, ma possono anche rappresentare risorse da utilizzare in modo costruttivo.
Purtroppo la diagnosi di disturbo borderline di personalità (DBP) viene frequentemente omessa e queste persone vivono, spesso, un disagio per tutta la vita, senza poter dare ad esso un nome, e senza sapere che avrebbero potuto trarre vantaggio da una terapia appropriata.


Che cos’è il disturbo borderline di personalità?

Secondo il DSM IV (IV edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) per DBP si intende una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore, associate ad una marcata impulsività, comparse nella prima età adulta e presenti in vari contesti. Per porre la diagnosi di DBP occorre che tra nove criteri elencati ne vengano soddisfatti almeno cinque. Di seguito vengono riportati i nove criteri diagnostici con una breve descrizione per ognuno di essi.
1. Sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono
I soggetti borderline si percepiscono intrinsecamente deboli e vulnerabili, e sono convinti di avere bisogno dell’aiuto e del sostegno degli altri.
L’idea di interrompere un legame significativo li getta in uno stato di angoscia profonda. Spesso mettono in atto tentativi disperati tendenti ad evitare l’abbandono; a tale scopo possono implorare o supplicare il/la partner, mettendo in atto delle condotte finalizzate ad ottenere rassicurazione. Purtroppo, spesso, questi comportamenti finiscono col danneggiare ulteriormente la relazione.
Talvolta è sufficiente solo immaginare che una relazione possa essere interrotta per gettare la persona in uno stato di angoscia che spesso esita in vissuti dissociativi.

2. Un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate dall’alternanza tra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione
Le persone con DBP tendono a coinvolgersi intensamente nelle relazioni affettive e ad idealizzare eccessivamente il/la partner, ma nello stesso tempo sono estremamente attente ad ogni segnale discordante con l’immagine idealizzata, potendo repentinamente passare ad una valutazione opposta di estrema svalutazione. Si oscilla così tra i due estremi di un continuum, per cui le persone vengono valutate secondo un criterio “tutto o nulla”, ad esempio, o completamente buone o completamente cattive. Ne deriva, pertanto, un comportamento che valutato nel tempo risulta estremamente contraddittorio, la stessa persona viene descritta in un primo momento con determinate caratteristiche, in un secondo momento con caratteristiche opposte. Ad es. una paziente in una fase della terapia parlava del padre come di una persona estremamente disponibile, protettiva e affettuosa; in una fase successiva lo descriveva come insopportabile in quanto incapace di mostrare affetto e di essere un buon genitore. Quando ho fatto notare la contraddizione mi ha risposto che non trovava nulla di strano in questo, semplicemente in un momento pensava una cosa e in un momento successivo ne pensava un’altra. Le due visioni non risultavano assolutamente integrate tra di loro, e l’interlocutore ne ricavava la netta impressione che stesse parlando di due persone diverse.
3. Alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e persistentemente instabili
La messa in atto di comportamenti contraddittori, descritti nel punto precedente, si associa alla presenza di immagini di sé altrettanto contraddittorie e rapidamente oscillanti. In questo modo viene a mancare una visione unitaria e stabile di sé, dando luogo a quella che Kernberg chiama “diffusione dell’identità” e che rappresenta un criterio cardine per l’individuazione dell’organizzazione borderline.
La mancanza di un senso di identità rappresenta una delle caratteristiche principali di questo disturbo. Per compensare tale deficit alcuni soggetti possono affiliarsi a gruppi con caratteristiche fortemente connotate: tossicodipendenti, cultori di sport estremi, gruppi politici estremisti, ecc.; altri, invece, proprio per la mancanza di un senso di identità definito, mostrano una persistente difficoltà nell’effettuare una scelta lavorativa, nello stabilire il proprio orientamento politico o sessuale, o nello stabilire il tipo di amicizie a cui accompagnarsi. Talvolta anche la condotta anoressica, di possibile riscontro tra i soggetti borderline, non appare finalizzata ad ottenere un controllo del peso corporeo, quanto all’assunzione di un’identità, quella dell’anoressica.
4. Impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto, quali spendere, sesso, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate
La perdita di controllo può riscontrarsi in svariati ambiti. Questi soggetti svolgono una vita caotica, spesso comportandosi in modo pericoloso. Ad esempio, è frequente il riscontro di abuso di sostanze stupefacenti o di alcolici, talvolta conducono una vita sessuale sregolata e promiscua; la condotta alimentare può essere caratterizzata da abbuffate.
Talvolta le condotte disregolate non rappresentano la conseguenza di un discontrollo degli impulsi, quanto un tentativo di acquisire una identità stabile (vedi punto precedente).
5. Ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari, o comportamento automutilante
Sono frequenti i gesti suicidari e di autolesionismo impulsivo, ma mentre i primi si riscontrano con notevole frequenza anche in altre patologie psichiatriche i secondi sono tipici del DBP. Le modalità più caratteristiche consistono nel provocarsi tagli superficiali cutanei, o ustioni. Ovviamente l’assenza di questo sintomo non esclude la diagnosi, infatti molti soggetti borderline non mettono in atto questa condotta.
6. Instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività dell’umore
Chi è affetto da DBP è combattuto tra due bisogni ugualmente intensi: il bisogno di dipendere dagli altri e di ricevere aiuto e rassicurazione, e la necessità di difendersi in un mondo percepito come ostile e minaccioso. Il continuo oscillare tra queste due posizioni, senza mai riuscire a fare una scelta, comporta un’estrema instabilità affettiva, con inevitabili ripercussioni sulle relazioni interpersonali. Si tenga presente, inoltre, che la valutazione dicotomica (“tutto-nulla”) dell’altro, con le frequenti oscillazioni tra due poli estremi, comporta inevitabilmente un’intensa oscillazione dell’umore e della tonalità affettiva.
Si verifica più frequentemente che nelle altre persone, una coesistenza di sentimenti ed emozioni tra loro opposti (ad esempio, odio e amore).
L’affettività del borderline è estremamente instabile, in quanto dipendente dalle variazioni dell’ambiente esterno, e sensibile alle dinamiche relazionali. Si dice che il soggetto borderline è stato-dipendente: al variare delle condizioni ambientali segue un rapido adattamento dell’umore.
L’instabilità affettiva è presente in tutti i soggetti con DBP, tanto che la sua assenza consente di escludere la diagnosi di DBP, però essa è presente anche in altri disturbi psichiatrici come il disturbo bipolare o il disturbo istrionico di personalità.
7. Sentimenti cronici di vuoto
Questo sintomo è molto tipico del disturbo anche se viene spesso taciuto in quanto non è facile trovare le parole per esprimerlo. Per certi aspetti è assimilabile alla noia, anche se si presenta in forma maggiormente angosciante. Non si tratta di semplice disinteresse per attività poco stimolanti, ma è un’angosciosa sensazione derivante dalla mancanza di una strutturazione dell’identità. Talvolta con questo termine piuttosto vago le persone intendono esprimere un vissuto dissociativo di depersonalizzazione o di derealizzazione.
La sensazione di un incolmabile vuoto interno può spingere alcuni soggetti ad abbuffarsi, a tagliarsi o a ricercare emozioni intense, ad es. con la pratica di sport estremi.
La sensazione di vuoto viene talvolta descritta anche dai soggetti depressi, ma questi, a differenza dei pazienti con DBP, non ne hanno una percezione cronica, in essi il senso di vuoto è semplicemente la conseguenza di una perdita di interesse e di stimoli precedentemente sperimentati.
8. Rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia (per es., frequenti accessi di ira o rabbia costante, ricorrenti scontri fisici)
Come per tutte le emozioni, anche la rabbia è intensa e disregolata, però più delle altre emozioni può risultare estremamente evidente e disturbante per le relazioni interpersonali. Rappresenta la molla che spesso è alla base del passaggio all’azione con condotte aggressive disregolate. La rabbia si può manifestare anche come aggressività verbale, sotto forma di critiche sprezzanti o pungenti, sarcasmo, rancore e ostilità.
Le persone che si relazionano con i borderline imparano rapidamente che, così come è possibile destare una brusca reazione rabbiosa alla minima percezione di ingiustizia subita, è anche possibile determinarne una rapida interruzione, al variare delle condizioni esterne: talvolta basta cambiare discorso o rassicurare verbalmente il soggetto.
9. Ideazione paranoide, o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress
La tendenza a valutare gli altri secondo il criterio “tutto-nulla”, o completamente buoni o completamente cattivi, associata all’instabilità affettiva, comporta, in situazioni particolarmente difficili e stressanti, la possibilità di attribuire agli altri intenzioni malevole e persecutorie nei propri confronti.
A differenza dei disturbi psicotici l’ideazione paranoide risulta qui transitoria, cioè della durata di poche ore e strettamente legata agli eventi stressanti. Inoltre, questi soggetti contrariamente agli psicotici, vivono questi episodi in modo disturbante e manifestano l’intenzione di liberarsene.
Tra i sintomi dissociativi più frequenti vi è la depersonalizzazione e la derealizzazione. La prima si riferisce a vissuti di mancata percezione del proprio corpo o di parte di esso, oppure alla sensazione che la propria mente non controlli più il corpo, o ancora alla sensazione di osservare il corpo dall’esterno; la seconda consiste nella sensazione che la realtà esterna sia in qualche modo trasformata o distanziata; alcuni riferiscono la sensazione che tra la propria persona e la realtà esterna ci sia un velo o un foglio trasparente.

Secondo il DSM IV per porre diagnosi di DBP non è necessario che tutti i criteri riportati vengano soddisfatti: ne bastano solo cinque. Da ciò consegue che due soggetti con la stessa diagnosi di DBP possono avere in comune solo un criterio diagnostico e quindi differire notevolmente nel quadro clinico.

Secondo la teoria cognitivista classica questi soggetti presentano alcuni schemi mentali che condizionano il proprio mondo emotivo e le relazioni interpersonali. La loro visione del mondo è dominata dall’incertezza, in quanto si sentono estremamente insicuri rispetto ai sentimenti che gli altri nutrono nei loro confronti, al grado di fiducia che possono riporre nel mondo esterno, e alla sua stabilità.
Beck sintetizza gli schemi mentali del DBP in tre punti principali:
- il mondo è pericoloso e cattivo;
- io sono impotente e vulnerabile;
- io sono intrinsecamente inaccettabile.
Questa triade cognitiva svolgerebbe un ruolo centrale nell’influenzare la percezione della realtà e sarebbe alla base del quadro clinico del disturbo.

Secondo Linehan alla base del disturbo c’è una disfunzione della regolazione emotiva, probabilmente condizionata da una predisposizione biologica, e aggravata dall’interazione con un ambiente familiare invalidante. I soggetti borderline reagiscono agli stimoli con emozioni molto più intense e durature rispetto alle altre persone. Questa modalità di risposta non riguarda solo le emozioni “negative” come la rabbia, la paura e la tristezza, ma anche le emozioni più piacevoli come la gioia, la sorpresa, ecc.
Chi interagisce che una persona borderline ricava spesso l’impressione di una persona con una forte coloritura emotiva, di una vita “a tinte forti”. Ne deriva spesso un forte coinvolgimento emotivo con possibilità di innesco di circoli interpersonali che possono essere positivi, suscitando una sensazione di rivitalizzazione emotiva e di piacevole coinvolgimento; o negativi come ad es. nel circolo relazionale indotto dalle reazioni rabbiose del soggetto borderline, in cui l’interlocutore si lascia trascinare in una relazione rabbiosa che finisce col confermare gli assunti di base del borderline. “Io sono intrinsecamente inaccettabile” e “il mondo è cattivo e pericoloso”.
sonardj
00giovedì 22 novembre 2007 01:29
Secondo il DSM IV per porre diagnosi di DBP non è necessario che tutti i criteri riportati vengano soddisfatti: ne bastano solo cinque. Da ciò consegue che due soggetti con la stessa diagnosi di DBP possono avere in comune solo un criterio diagnostico e quindi differire notevolmente nel quadro clinico.

Secondo la teoria cognitivista classica questi soggetti presentano alcuni schemi mentali che condizionano il proprio mondo emotivo e le relazioni interpersonali. La loro visione del mondo è dominata dall’incertezza, in quanto si sentono estremamente insicuri rispetto ai sentimenti che gli altri nutrono nei loro confronti, al grado di fiducia che possono riporre nel mondo esterno, e alla sua stabilità.
Beck sintetizza gli schemi mentali del DBP in tre punti principali:
- il mondo è pericoloso e cattivo;
- io sono impotente e vulnerabile;
- io sono intrinsecamente inaccettabile.
Questa triade cognitiva svolgerebbe un ruolo centrale nell’influenzare la percezione della realtà e sarebbe alla base del quadro clinico del disturbo.

Secondo Linehan alla base del disturbo c’è una disfunzione della regolazione emotiva, probabilmente condizionata da una predisposizione biologica, e aggravata dall’interazione con un ambiente familiare invalidante. I soggetti borderline reagiscono agli stimoli con emozioni molto più intense e durature rispetto alle altre persone. Questa modalità di risposta non riguarda solo le emozioni “negative” come la rabbia, la paura e la tristezza, ma anche le emozioni più piacevoli come la gioia, la sorpresa, ecc.
Chi interagisce che una persona borderline ricava spesso l’impressione di una persona con una forte coloritura emotiva, di una vita “a tinte forti”. Ne deriva spesso un forte coinvolgimento emotivo con possibilità di innesco di circoli interpersonali che possono essere positivi, suscitando una sensazione di rivitalizzazione emotiva e di piacevole coinvolgimento; o negativi come ad es. nel circolo relazionale indotto dalle reazioni rabbiose del soggetto borderline, in cui l’interlocutore si lascia trascinare in una relazione rabbiosa che finisce col confermare gli assunti di base del borderline. “Io sono intrinsecamente inaccettabile” e “il mondo è cattivo e pericoloso”.


Perché la diagnosi di DBP risulta difficile?

Il quadro clinico del DBP appare in genere piuttosto confuso e variabile da un periodo all’altro della vita. La presenza di una sintomatologia variegata e complessa conduce spesso a diagnosi psichiatriche svariate: disturbo depressivo, distimia, disturbo bipolare, disturbi d’ansia, psicosi, disturbo istrionico, ecc. Non è infrequente che queste persone ricevano la giusta diagnosi solo dopo numerose diagnosi psichiatriche errate o parziali. È anche frequente, tuttavia, l’associazione di questo disturbo ad altri disturbi di personalità (disturbo narcisistico di personalità, disturbo antisociale di personalità, disturbo istrionico di personalità, ecc.) o ad altre diagnosi psichiatriche (depressione, distimia, disturbo bipolare, disturbo schizoaffettivo, ecc.).


Quali sono le cause del disturbo?

Le cause del disturbo restano sostanzialmente sconosciute, non esistono dati certi anche se sono state sviluppate numerose teorie, alcune delle quali vengono considerate piuttosto attendibili.
Vi sono evidenze che in alcuni soggetti possa essere coinvolta una componente genetica o altri fattori biologici.
Per la maggior parte dei pazienti entrano in gioco fattori psicologici, come per es. aver subito un trauma infantile (maltrattamento, violenza sessuale, abbandono).
Secondo gli psicologi evoluzionisti alla base del disturbo vi sarebbe un tipo particolare di relazione che si instaura nella prima fase della vita tra il bambino e la figura che lo accudisce, in particolare essi parlano di “attaccamento disorganizzato”, intendendo con questo termine l’impossibilità da parte del bambino di farsi un’idea stabile di come funziona la figura accudente e in particolare della modalità di risposta ai segnali di richiesta di accudimento che il bambino istintivamente emette nel momento del bisogno (fame, bisogno di essere pulito, dolore, ecc.). Quello che manca nella relazione madre- figlio non è tanto la coerenza della risposta, quanto una sintonia tra il gesto di accudimento e l’emozione ad esso associata, che il bambino percepisce soprattutto attraverso l’espressione del viso materno. Si tratta spesso di madri che pur accudendo normalmente il bambino sul piano materiale, sono turbate a livello emotivo per i motivi più disparati. Secondo la Main l’aspetto centrale alla base di questo tipo di attaccamento sarebbe la presenza di un genitore che, invece di fornire un “base sicura” alla richiesta di cura e accudimento da parte del bambino, diventa fonte di paura, o perché esso stesso “impaurito e bisognoso di accudimento” o addirittura perché apertamente abusante e/o maltrattante; molto spesso si tratta di genitori con vissuti estremamente dolorosi, ad esempio perché hanno avuto un lutto non elaborato, oppure sono stati a loro volta vittime di maltrattamenti o abusi nel corso della loro vita; talvolta si tratta di persone affette da malattie psichiatriche.


Come evolve il DBP?

Il decorso del disturbo è variabile e spesso prolungato per tutto l’arco della vita. Vengono descritte due modalità di decorso:
-decorso ad andamento fluttuante: si evidenzia una sintomatologia che nel corso della vita presenta fasi di incremento alternate a fasi di parziale attenuazione;
-decorso progressivamente declinante: con l’avanzare dell’età la sintomatologia si attenua progressivamente.


Come si può curare il DBP?

Anche se molte persone sono ancora scettiche circa la terapia del disturbo, si nutre una fiducia sempre maggiore in alcune forme di psicoterapie. Per alcune di esse esistono evidenze di efficacia.
Negli ultimi anni è stata sperimentata con un discreto successo una tecnica di derivazione cognitivo-comportamentale, chiamata “terapia dialettico-comportamentale”, finalizzata a ridurre i comportamenti autolesivi in pazienti borderline di sesso femminile.
Questa psicoterapia è stata la prima per la quale è stata documentata un’efficacia nel trattamento del DBP attraverso studi controllati.
Il trattamento si struttura in sedute di gruppo, che si tengono 1 o 2 volte la settimana per almeno un anno, associate a sedute individuali con cadenza settimanale. Il nucleo centrale del trattamento consiste nell’apprendere modalità di regolazione di un sistema emotivo considerato discontrollato. In particolare si sottolinea l’attenzione rivolta alla validazione delle emozioni. Si cerca in questo modo di contrastare gli effetti negativi provocati, durante l’infanzia, da un ambiente familiare fortemente invalidante. Per ambiente invalidante si intende un ambiente incapace di attribuire alle emozioni del bambino il giusto significato, e le risposte adeguate; talvolta si tratta di genitori che hanno difficoltà a leggere le emozioni proprie e altrui. In questo ambito rientrano anche tutte le manifestazioni di abuso o di trascuratezza.
Il lavoro in gruppo è arricchito da tecniche psicoeducazionali e si articola nei seguenti moduli:

1) abilità di mindfulness (versioni psicologiche e comportamentali delle tecniche di meditazione derivate da pratiche spirituali orientali, in particolare dalla filosofia Zen),

2) abilità di efficacia interpersonale,

3) abilità di regolazione emozionale,

4) abilità di tolleranza della sofferenza mentale.

Altre tecniche psicoterapeutiche utilizzate sono la psicoterapia di stampo analitico modificata da Kernberg; la psicoterapia cognitivo-comportamentale adattata al DBP.

La farmacoterapia può essere indicata per trattare l’impulsività, i disturbi affettivi e il discontrollo comportamentale; l’attenuazione di tale sintomatologia consente al soggetto borderline di accedere ad un trattamento psicoterapeutico con maggiore efficacia.
I farmaci più utilizzati nel caso di sintomi psicotici, impulsività e ostilità sono gli antipsicotici a basso dosaggio; attualmente si prediligono quelli di nuova generazione fra cui olanzapina, risperidone, quetiapina. Per l’instabilità affettiva vengono utilizzati gli stabilizzanti dell’umore (carbamazepina, acido valproico, lamotrigina, ecc.) e gli antidepressivi serotoninergici. Maggiore prudenza viene raccomandata per l’uso delle benzodiazepine a causa del rischio di induzione di dipendenza.
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