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ADOLESCENZA: tra disadattamento e disagio scolastico.

Ultimo Aggiornamento: 31/01/2009 02:37
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31/01/2009 02:34

ADOLESCENZA:

Maria Anna Formisano
Un problema che si rende lampante, tutte le volte che accadono fatti, che
coinvolgono minori, è dare risposta alle domande “ci si poteva accorgere prima, si
poteva presumere qualcosa, c’era qualche segnale di disagio?
Le scienze psicosociali, ci possono porgere aiuto in quest’ambito e, possono
sostenere i genitori e i docenti, ad afferrare eventuali segnali di malessere cognitivo,
sociale, affettivo e comportamentale emessi dagli adolescenti.
Spesso, troviamo adolescenti, che sono rifiutati dai pari perché sono prepotenti e
non riescono a farsi accettare. Il rifiuto dei pari è un indicatore considerevole, in
quanto può condurre il soggetto ad aggregarsi selettivamente con altri compagni
violenti. Accade, dunque, che chi è rifiutato dal gruppo classe, struttura una
diffidenza nei rapporti con i pari, e si orienta ad aggregarsi con altri ragazzi
disadattati, che come lui emettono segnali di malessere.
Nell’ambito scolastico accade spesso che i ragazzi, talora, sciorinano disparate
incognite psicopedagogiche che, se non celermente fronteggiate, possono impiantare
il prologo, per adiacenti forme di disadattamento scolastico e/o di disagio scolastico.
Gli adolescenti che esibiscono un mancato inserimento nella scuola, eclissano
vissuti emozionali, affettivi e relazionali che producono, col tempo, una condizione di
svantaggio. Per siffatta causa, tali allievi sono designati, talora, quali ragazzi
inferiori, anche dal punto di vista cognitivo. La condizione sociale di svantaggio, cui
essi rinvengono, non sempre è legata ad un disturbo fisico e /o psichico,
validamente diagnosticato dagli operatori sanitari, essa potrebbe trarre origine,
altresì, da occasioni di mancanza economica, affettiva, culturale e sociale.
Solitamente, questa posizione, poco vantaggiosa, restituisce al soggetto una
posizione gregaria e subalterna, anche nei confronti del gruppo classe. Il
disadattamento, altro non è, che l’esito di uno svantaggio latente, o manifesto, di
ordine affettivo, cognitivo, e relazionale.
Il soggetto disadattato, per i punti di cui sopra, non riesce a narrare tutto se stesso,
poiché prende quota, già da una posizione di detrimento, sia per ipotizzabili scusanti
personali, sia per la percezione recalcitrante, che gli altri hanno di lui. La percezione
che gli altri individui hanno di un soggetto svantaggiato, è percepita, finanche da
quest’ultimo, il quale in base al modo d’essere, potrebbe dare origine a rendiconti
poco apprezzabile su di se e sugli altri. La classe, intanto, diventa,per lui un micromodello
sociale con le sue norme e i suoi principi.
L’alunno disadattato prospetta difficoltà di accomodamento al gruppo classe, palesa
instancabilità e/o indolenza, inefficace apertura verso gli altri,o invece tormentoso
egocentrismo, elicitato, talora, attraverso comportamenti dispotici. Il
disadattamento, si configura così,come una forma di incapacità, da parte dell’allievo,
intorno all’interiorizzazione delle regole della classe. Il disadattamento scolastico si
manifesta, altresì,quale incapacità di porre attenzione ad un compito
cognitivo,oppure come incapacità di lavorare in gruppo. Il soggetto disadattato ha
come equanime scopo quello di compensare le sue manchevolezze ,le sue
debolezze,le sue sofferenze, anche mediante relazioni straordinarie, con alcuni
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compagni; relazioni,in cui,spesso domina un anomalo senso di paternalismo, da
parte del soggetto disadattato nei confronti dell’altro. Il soggetto disadattato,
diventa,nondimeno, dinanzi agli occhi di tutti,un ragazzo sedizioso, un ragazzo che
fa una guisa di braccio di ferro con la scuola,un ragazzo che si fa,sovente,più forte
della professionalità dell’insegnante. Non di rado, accade che il ragazzo disadattato
si avvale di escamotage differenti, per appagare la sua sete di esistenza,per farsi
riconoscere come essere umano e come persona, sia dal mondo dei piccoli sia dal
mondo dei grandi. Diviene,così indispensabile,leggere,istante per istante ,il modo di
fare e di agire del soggetto disadattato,evitando che l’allievo in questione, si trasformi
per il gruppo classe,in un capro espiatorio , o in un modello di personalità con il
quale identificarsi. Il disadattamento scolastico trae origine,in larga misura,dalla
dinamica di gruppo,dinamica in cui il soggetto disadattato esperimenta sia
l’accettazione della propria persona,sia il rifiuto del proprio sé, ricevendone una
valutazione pregevole e/o sfavorevole, che contribuisce ad accrescere il senso di sé,
di autonomia,di autostima, di identità personale e sociale. Il disadattamento, diventa
a tal punto disagio,allorché il ragazzo assume condotte di chiusura,oppure nel
momento in cui il ragazzo esplicita segnali di nevrosi,o piuttosto quando l’allievo
elicita il suo malessere, con ansia da prestazione e/o aggressività proattiva. La
psicologia ha dimostrato oggi che un fattore di prevenzione importante è la qualità
del monitoraggio degli adulti sui bambini e soprattutto sugli adolescenti. Alla base
del disadattamento e del disagio scolastico,spesso c’è una sorta di abbandono
morale, ossia strategie cognitivo-discorsive con cui i ragazzi giustificano le loro
trasgressioni. Le forme di abbandono morale possono strutturarsi, divenire quindi
modello culturale del soggetto e in qualche maniera svincolano il soggetto dalle
regole e dalle norme.
Il disagio scolastico,allora, rappresenta uno dei casi più difficili che la scuola e la
famiglia si trovano a dover affrontare. Il disagio scolastico, infatti, può provocare
limitazioni o blocchi cognitivi, ma anche rinunce che possono influenzare
considerevolmente la vita adolescenziale. L’eziologia del disagio non è univoca, ma
racchiude una serie sconfinata di variabili dipendenti e indipendenti dal soggetto
stesso.
L’integrazione nel mondo scuola, richiede ragazzi, la capacità di accomodarsi ad uno
spazio in cui dominano sia regole diverse dalla strada e dalla famiglia sia velate
griglie di relazioni laboriose ed impegnative. Le disuguaglianze nella facilità o
difficoltà di adattamento all'ambiente e alla vita scolastica, dipendono dal tipo di
personalità del ragazzo, dunque dal modo di essere di quest’ultimo.
Ci sono adolescenti che non esibiscono nessuna particolare difficoltà sin dall'inizio,
altri che devono superare una fase iniziale di disagio ed incertezza. La difficoltà di
collocarsi nel gruppo - classe è, spesso, per alcuni adolescenti, estremamente
difficile; tale vincolo si manifesta spesso sotto forma di rifiuto per la scuola anche
dopo un primo periodo di normale inserimento. Spesso, però, il rifiuto scolastico è
un lessico non verbale usato dai ragazzi per comunicare ed informare le persone,
accanto a lui, spesso carenti dal punto di vista empatico, di uno stato di malessere.
É necessario, per tal motivo, non sottovalutare alcuni dei segnali inviati dai ragazzi ,
fra cui:
 i sintomi psicosomatici (mal di pancia, colite)
 i disturbi borderline
 i disturbi di partecipazione
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 i disturbi del linguaggio
 i disturbi psicomotori
A mio avviso questi sono gli aspetti importanti da cogliere nelle classi con i ragazzi.
Come si lavora in tutte queste direzioni? Ci si lavora innanzitutto raccogliendo
osservazioni. E’ importante osservare in maniera sistematica, scambiare le
informazioni con altri colleghi, raccogliere le informazioni nel tempo e ragionarci
sopra insieme, in modo da decidere che su alcuni ragazzi è importante cominciare a
lavorare. In genere, noi riteniamo che il rischio sia rilevante, quando il ragazzo, la
famiglia o gli adulti che si occupano del ragazzo, non hanno le risorse sufficienti per
far fronte al livello di disagio e di difficoltà che il ragazzo sta affrontando. Invece non
è così: il rischio non è un concetto assoluto, ma è un concetto relativo alla qualità
delle risorse che il ragazzo, la scuola e la famiglia dispongono. E’ importante,
dunque, leggere il disagio non in termini di causa ed effetto, bensì in termini di
multifattorialità dell’eziologia, associando però qualcosa: la forza di resistere e di
essere flessibili, destreggiandosi con nonscialans dinanzi alla sorte avversa. Tale
teoria scientifica, ci aiuta a riflettere, allorché, una vita insolita, con esperienze di
sofferenza, fa sì che non si sviluppino comportamenti maladattivi. E’ chiaro
comprendere, che l’individuo e il suo ambiente o spazio di vita, (così precisato da
Kurt Lewin), si influenzano in modo rotatorio, per produrre sagome e profili, di
condotte adattative o maladattative.
Qualsivoglia individuo possiede risorse, che funzionano da demiurghi di protezione
o, all’opposto, da fattori di danno. In conseguenza di ciò, si colloca il rischio
psicosociale, quale sorta di dialettica, tra sfide che la vita pone a ciascuno di noi e
risposte, di cui tutti gli adolescenti sono in possesso. La capacità di resistere
(resilienza) e la capacità di fronteggiare (coping) sono abilità sociali, competenze, che
si acquisiscono all’interno di relazioni erigenti, tendenti ad aumentare la
consapevolezza dell’autoefficacia, della valutazione positiva di sé, e/o dell’autostima.
E’ imprescindibile far leva sull’empowerment, strumento adeguato a favorire
l’acquisizione di potere e di controllo delle proprie risorse personali. Rappaport
rappresenta l’empowerment come un processo che autorizza i gruppi e le comunità
ad incrementare la competenza con lo scopo di verificare alacremente la propria vita.
Tale processo tridimensionale, include lo sviluppo di un maggiore senso di rispetto
del mondo e la costruzione di una comprensione più critica delle forze politiche e
sociali. È presente una branca della psicologia, che è la psicologia di comunità, la
quale cerca di ridurre l’impatto con il rischio,ossia con la probabilità che un
individuo possa andare incontro ad un evento dannoso. Fare questo, significa
mobilitare la comunità sociale, dunque, non solo con le forze dell’ordine, ma anche
con gli adulti espressivi, che si fanno carico delle problematiche collettive –
adolescenziali.
Conoscere la cultura giovanile è di grande interesse non solo per capire più
adeguatamente il disagio che vive l’adolescente, ma anche in vista delle politiche
sociali, soprattutto se consideriamo il fatto, che spesso i giovani vivono ai margini
del sistema.
E’ fondamentale rimuovere i disagiati, i disadattati e gli emarginati da quella
passività appresa, porgendo loro un aiuto, al fine di far emergere le loro risorse
interiori. Purtroppo la passività nella società attuale è diventata un costume; basta
richiamare alla mente la popolazione rom, che esibisce bambini, al fine di risvegliare
la nostra pietà e ricevere denaro. Aiutare gli adolescenti a sviluppare l’empowerment,
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significa proporci di sbaragliare alcune forme di dipendenza psicologica, economica e
sociale, per esaltarne l’autonomia personale.
Ghermire il quadro valoriale delle giovani generazioni, avvisa che i tenebrosi
adolescenti, non si espongono in funzione di contestatori, così come negli anni 60”,
allorquando vi fu la contestazione studentesca, che inizia con la rivolta di Berkeley
del 1964 per culminare in Europa, più tardi col maggio francese del 68” e con
l’autunno caldo del 69” in Italia. In questa fase post moderna, la contestazione dei
giovani si esprime attraverso la violenza su se stessi e/o sugli altri, attraverso i
murales, con lo sballo, o addirittura con il silenzio.
Aiutare a superare il disagio di qualsivoglia eziologia e di qualsivoglia
natura,significa trovare argomenti e parole giuste per raggiungere una inesplorata
saggezza,che attraverso l’empatia, induce all’ascolto di una inquietudine temporanea
o inestinguibile.
Adolescenti tra: disadattamento e disagio scolastico
abstract
Con il termine disagio s’intende quel malessere esistenziale, inerente problemi di
carattere psicologico e/o psicopatologico, edificato su una smisurata laboriosità, per
allestire opportune reti di individualizzazione e socializzazione. Nell’ambito
scolastico, i ragazzi, talora, sciorinano disparate incognite psicopedagogiche che, se
non celermente fronteggiate, possono impiantare il prologo, per adiacenti forme di
disadattamento scolastico e/o di disagio scolastico. Gli adolescenti che esibiscono
un mancato inserimento nella scuola, eclissano vissuti emozionali, affettivi e
relazionali che producono, col tempo, una condizione di svantaggio. Per siffatta
causa, tali allievi sono designati, talora, quali ragazzi inferiori, anche dal punto di
vista cognitivo. La condizione sociale di svantaggio, cui essi rinvengono, non sempre
è legata ad un disturbo fisico e/o psichico, validamente diagnosticato dagli operatori
sanitari, essa potrebbe trarre origine, altresì, da occasioni di mancanza economica,
affettiva, culturale e sociale. Solitamente, questa collocazione, poco
vantaggiosa,restituisce al soggetto una posizione gregaria e subalterna, anche nei
confronti del gruppo classe. Il disadattamento, altro non è, che l’esito di uno
svantaggio latente, o manifesto, di ordine affettivo, cognitivo e relazionale.
Il disagio degli adolescenti si concede quale difficoltà ad assolvere i disparati compiti
evolutivi, che sono loro reclamati dal sistema culturale di appartenenza. Il soggetto
disadattato, per i punti di cui sopra, non riesce a narrare tutto se stesso, poiché
prende quota, già da una posizione di detrimento, sia per ipotizzabili scusanti
personali,sia per la percezione recalcitrante, che gli altri hanno di lui. La percezione
che gli altri individui hanno di un soggetto svantaggiato, viene percepita, finanche
da quest’ultimo, il quale in base al modo di essere,potrebbe dare origine a rendiconti
poco apprezzabile su di se e sugli altri. L’alunno disadattato prospetta difficoltà di
accomodamento al gruppo classe, palesa instancabilità e/o indolenza,inefficace
apertura verso gli altri,o invece tormentoso egocentrismo, elicitato, talora, attraverso
comportamenti dispotici.
Il disadattamento, si configura così, come una forma di incapacità, da parte
dell’allievo, intorno all’interiorizzazione delle regole della classe. Il disadattamento,
diventa a tal punto disagio, allorché il ragazzo assume condotte di chiusura, oppure
31/01/2009 02:37

nel momento in cui il ragazzo esplicita segnali di nevrosi, o piuttosto quando
l’allievo elicita il suo malessere, con ansia da prestazione e/o aggressività proattiva.
Il disadattamento scolastico si manifesta, altresì, quale incapacità di porre
attenzione ad un compito cognitivo, oppure come incapacità di lavorare in gruppo. Il
soggetto disadattato ha come equanime scopo quello di compensare le sue
manchevolezze, le sue debolezze, le sue sofferenze, anche mediante relazioni
straordinarie, con alcuni compagni; relazioni, in cui, spesso domina un eccessivo
senso di paternalismo, da parte del soggetto disadattato nei confronti dell’altro.
Il soggetto disadattato, diventa, nondimeno, dinanzi agli occhi di tutti, un ragazzo
sedizioso, un ragazzo che fa una guisa di braccio di ferro con la scuola, un ragazzo
che si fa, sovente, più forte della professionalità dell’insegnante.
Non di rado, accade che il ragazzo disadattato si avvalga di escamotage differenti,
per appagare la sua sete di esistenza, per farsi riconoscere come essere umano e
come persona, sia dal mondo dei piccoli sia dal mondo dei grandi. Diviene, così
indispensabile, leggere, istante per istante, il modo di fare e di agire del soggetto
disadattato, evitando che l’allievo in questione, si trasformi per il gruppo classe, in
un capro espiatorio , o in un modello di personalità con il quale identificarsi.
Il disadattamento scolastico trae origine, in larga misura, dalla dinamica di gruppo,
dinamica in cui il soggetto disadattato esperimenta sia l’accettazione della propria
persona, sia il rifiuto del proprio sé, ricevendone una valutazione pregevole e/o
sfavorevole, che contribuisce ad accrescere il senso di sé, di autonomia, di
autostima, di identità personale e sociale.
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