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ALFABETIZZAZIONE EMOZIONALE: UN PERCORSO

Ultimo Aggiornamento: 31/01/2009 02:32
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31/01/2009 02:30

ALFABETIZZAZIONE EMOZIONALE: UN PERCORSO





L'analfabetismo emozionale e relazionale rappresenta sicuramente una forte dose di rischio e pericolo per la società. L'esclusione o la marginalizzazione nei programmi scolastici di spazi da destinare alla formazione emozionale, è un indicatore negativo che può spiegare, tra l'altro, l’impotenza delle istituzioni scolastiche di fronte all'aumento delle difficoltà e del disagio, oltre all'insorgenza di alcuni disturbi fra gli adolescenti e i bambini (Mariani, 2001).



Il disagio giovanile rilevabile in ambito scolastico, utilizzando una definizione abbastanza diffusa, è inquadrato come uno stato emotivo, che non si ricollega significativamente a disturbi di tipo psicopatologico, linguistici o di ritardo cognitivo. Le sue manifestazioni comprendono “un insieme di comportamenti disfunzionali (scarsa partecipazione, disattenzione, comportamenti prevalenti di rifiuto e di disturbo, cattivo rapporto con i compagni, ma anche assoluta carenza di spirito critico), che non permettono al soggetto di vivere adeguatamente le attività di classe e di apprendere con successo, utilizzando il massimo delle proprie capacità cognitive, affettive e relazionali". (Mancini e Gabrielli, 1998). Inoltre, la sofferenza psicologica, come evidenziato dalle ricerche in questo settore, può comportare stress, ricollegabile alle prestazioni scolastiche, comportamenti di angoscia e insicurezza, problemi di comunicazione, sintomi di tensione e assunzione di sostanze psico-attive (Baraldi e Turchi, 1990).




Questi comportamenti disfunzionali sono facilmente rintracciabili nella popolazione in età scolastica, distinguendosi come carenze riconducibili all’intelligenza emotiva.



Altri comportamenti, gravi e rischiosi, sono ascrivibili ai problemi emozionali. Se prestiamo uno sguardo rapido alle statistiche degli ultimi anni degli Stati Uniti - il paese che più di ogni altro rivela le tendenze mondiali - si può rilevare che il numero degli omicidi e degli altri atti di violenza compiuti da adolescenti emotivamente disturbati sono aumentati.



Nel periodo dal 1970 al 1990, le statistiche mostrano che il tasso di suicidi fra gli adolescenti è quasi triplicato. Nel 2000, si è riscontrato una media di dieci suicidi al giorno. Fra gli adolescenti di età compresa fra i 14 e i 19 anni, il suicidio rappresenta la terza causa di morte, dopo gli incidenti e gli omicidi (Kindlon e Thompson, 1999).



La causa più comune di infermità è la malattia mentale, sintomi più o meno gravi di depressione colpiscono fino a un terzo degli adolescenti. Negli ultimi trent’anni è triplicata la percentuale delle malattie veneree contratte dagli adolescenti, così come è triplicato l’abuso di alcol e droghe, mentre si è innalzata vertiginosamente la frequenza dei disturbi del comportamento alimentare.



Il quadro inquietante che le statistiche tracciano, spinge la riflessione ad estendere l’analisi ai numerosi problemi quotidiani che rendono vulnerabile la condizione giovanile. Diverse ricerche riguardanti campioni nazionali di ragazzi americani, di età compresa tra i 7 e i 16 anni, hanno accertato un peggioramento della loro condizione di vita attuale rispetto a quella esistente nelle generazioni precedenti.

In particolare, le maggiori difficoltà incontrate dai ragazzi interessano comportamenti di:

- chiusura in se stessi o problemi sociali (ad esempio, la preferenza a restare soli, a non comunicare, rimuginare in silenzio, essere privi di energia, sentirsi infelici, dipendere eccessivamente dagli altri);

- ansia e depressione (essere soli; nutrire molte paure e preoccupazioni; avere il bisogno di essere perfetti; non sentirsi amati; sentirsi nervosi o tristi e depressi);

- difficoltà nell'attenzione e nella riflessione (incapacità di prestare attenzione o di restare seduti tranquilli; fantasticare ad occhi aperti; agire senza riflettere; essere troppo nervosi per concentrarsi; avere risultati scolastici scadenti; incapacità di distogliere la mente da un pensiero fisso);

- devianza o aggressività: frequentare compagnie a rischio; mentire e imbrogliare; litigare spesso; trattare gli altri con cattiveria; pretendere attenzione; distruggere gli oggetti altrui; disobbedire a casa e a scuola; essere testardi e di umore mutevole; parlare troppo; prendere in giro gli altri in maniera eccessiva; avere un temperamento collerico (Achenbach, Howell,1989).



Malgrado tutto, questi comportamenti se sono giudicati isolatamente possono non destare eccessiva preoccupazione, invece, valutati globalmente rappresentano un indicatore del mutamento in corso. “E’ un nuovo tipo di tossicità che si infiltra e avvelena l'esperienza stessa dell'infanzia e dell'adolescenza, rivelando impressionanti lacune di competenza emozionale" (Goleman, 1995).



Nel mondo giovanile, le molteplici difficoltà indicate derivano dalla vita di relazione e rappresentano un fattore di rischio che può costituirsi, tra l’altro, come motivo di depressione (Braconnier, 1998). Quest’ultima, oltre a essere una condizione generale di tristezza, è caratterizzata da apatia, abbattimento, autocommiserazione paralizzante e senso di disperazione schiacciante.



Generalmente, gli adolescenti che vivono episodi depressivi hanno scarsa propensione a definire i propri stati d'animo, e provano difficoltà a comunicare la tristezza manifestando, invece, con più frequenza rabbia e ostilità, inquietudine, nervosismo e irritazione, malumore, ecc. (Marcelli, 1994).



Diventa perciò problematico garantire da parte di genitori o insegnanti l'aiuto necessario, tanto più che spesso molti ragazzi pensano di dover lottare da soli contro la propria sofferenza.



L'analisi dei motivi sottesi alla depressione e al disagio nei giovani, fa rilevare carenze in alcune aree di competenza emozionale, principalmente nelle abilità relazionali e nel modo inadeguato di reagire alle sconfitte che induce al pessimismo e alla disperazione.

Alcuni studi epidemiologici, i cui criteri prendono in considerazione i sintomi definiti nel DSM-IV, hanno rimarcato che per i soggetti fra i 10 e i 13 anni la percentuale di incidenza della depressione nel corso di un anno è intorno all'8 - 9%. Nel periodo puberale, la percentuale addirittura raddoppia, fino ad arrivare al 16% per le ragazze fra i 14 e i 16; è da osservare che per i ragazzi il valore resta immutato (Lewinsohn, 1993).



L'esigenza di agire preventivamente nei casi di giovanissimi che mostrano per lungo tempo, e non occasionalmente, comportamenti di disperazione incontenibile, irritabilità, chiusura e malinconia profonda, si fonda sull'evidenza che tali difficoltà persistenti avvertite nella fase evolutiva possono diventare più critiche e devastanti in età adulta (Lanzi, 1994). Secondo alcuni studi condotti sul decorso della depressione nei giovani, un bambino che soffre di depressione di grado lieve, ha maggiori probabilità da adolescente e da adulto di soffrire di depressione grave. Inoltre, è prevedibile che questi ragazzi che si mostrano tristi siano quelli più isolati a scuola, rifiutati nel gioco, i meno simpatici e i più a disagio nei rapporti con i pari. Al vuoto che si crea nella loro esperienza interpersonale, si aggiunge sovente un rendimento scolastico disastroso causato dalla scarsa attenzione e dalle difficoltà di memorizzazione, esito degli stati d'animo depressivi



Studi recenti sui comportamenti dei giovanissimi, hanno evidenziato che chi tende ad una visione pessimistica della vita, è altamente suscettibile alla depressione. Quei bambini che sviluppano un modo di pensare pessimistico, attribuiscono poi i fallimenti scolastici a qualche grave incapacità di ordine personale (Susan Nolen-Hoeksema, 1992).



Alcuni programmi educativi per i giovani, mirati ad insegnare capacità emozionali e relazionali basilari (ad esempio, come migliorare i rapporti con i genitori, instaurare amicizie, aiutare un compagno in difficoltà, intraprendere attività ritenute piacevoli), sono in grado di abbassare il rischio di depressione, anche della metà. In tali programmi, si sperimenta concretamente la possibilità di gestire particolari sentimenti e di affrontare i modi di pensare pessimistici che si associano ai comportamenti depressivi (Stark, 2000).



Tutti gli studi presentati negli ultimi anni convergono nell’indicare quali sono le gravi difficoltà prodotte dalle lacune che si riscontrano nelle competenze sociali o emozionali dei giovani: chiusura in se stessi, dipendenza dagli altri o da sostanze psico-attive, ansia e depressione, squilibri alimentari, difficoltà nell’attenzione e nella riflessione, aggressività e fenomeni di prevaricazione, ecc. Le misure correttive e preventive sono rappresentate principalmente da interventi formativi che pongono l’apprendimento di abilità emozionali come obiettivo primario, assicurando numerosi vantaggi educativi (ad es. minore frequenza di scontri e disturbi in classe, maggiore interesse e spirito di collaborazione, migliori risultati scolastici).



I numerosi progetti che da alcuni anni si stanno realizzando nelle scuole con l’intento di costituire una “vaccinazione psicologica” contro il disagio, trovano riscontro nelle concezioni di Daniel Goleman (1996, 1998, 2002) che ha formulato, nell'ambito delle neuroscienze, una nuova teoria della mente emozionale definendo come il repertorio comportamentale dell'uomo sia in buona parte determinato dalle emozioni.

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