risultati
L'età media della consapevolezza della prima attrazione omosessuale è 12,94 anni (Dev. Std. = 4,07);l'età media del primo rapporto sessuale è 18,61 (Dev. std. = 5,04);l'età media dell' autodefinizione di sé come gay, lesbica o bisessuale è 19,64 (Dev. std. = 4,25);l'età della prima relazione affettiva è più tarda, 21,18 (Dev. std. = 3,93 ).
Per metà dei soggetti prevale una situazione di clandestinità o semi-clandestinità (la famiglia "lo sospettiamo" e la famiglia "totalmente all'oscuro") in misura maggiore nelle femmine che nei maschi. La famiglia che nega o rifiuta (la famiglia "finge che non esisti") o che, al contrario, mostra sostegno e comprensione sembra essere più frequente nei maschi; poco meno di metà dei soggetti ha detto di essere gay o lesbica in famiglia e in un terzo dei casi 1a risposta è stata facilitante, di tolleranza o di sostegno.
II grado di outness è stato calcolato in base a varie categorie di persone. Quasi tutti sono "out" agli amici gay anche se il 9% ripona di nascondere il proprio orientamento sessuale a qualche amico gay. Gay e lesbiche tengono conto del sesso della persona con cui interagiscono prima di svelare il proprio orientamento sessuale. Nel 45% dei casi, tutti o la maggior parte degli amici eterosessuali di sesso maschile del soggetto "sanno", mentre la percentuale sale al 62% se sono amiche eterosessuali. Sia gli uomini gay sia le donne lesbiche sono più tranquilli nello svelarsi con le donne. Nell'ambiente di lavoro o di studio prevale comunque la cladestinità: il 59% dei soggetti non l'ha detto ai colleghi di lavoro (nessuno o la minor parte lo sa) e l'83 % non è "out" con i superiori (nessuno o la minor parte lo sa).
È stata risconsrata una differenza tra i punteggi medi di omofobia internalizzata tra le persone che si definiscono gay o lesbiche e le persone che si definiscono "bisessuali, prevalentemente gay". E questo è particolarmente vero per le sottoscale che mìsurano l'"omonegatività personale" e "omonegatività globale".
L'ipotesi secondo cui un ambiente familiare omofobico e poco facilitante sia associato ad un alto grado di omofobia internalizzata del membro della famiglia è parzialmente verificata. La tipologia familiare ha un prevedibile effetto significativo (F = 4.4290 con p <.005) sulla sottoscala dello "svelamento di sé";l'analisi post-hoc ha mostrato una differenza significativa tra la famiglia all'oscuro e le due famiglie "tollerante" e "solidale" nel grado di svelamento del proprio orientamento sessuale.
L'omofobia internalizzata, dalla nostra analisi, non è influenzata dall'età ma dal processo del coming out. Sono stati calcolati due scarti: il primo dato dalla differenza tra l'età del soggetto e l'età in cui ha riportato di essersi definito per la prima volta omosessuale: il secondo dato dalla differenza tra l'età del soggeno e l'età in cui ha riportato la prima relazione affettiva omosessuale. Maggiore è il tempo trascorso dal riconoscimento di sé come gay o lesbica, minore è il punteggio relativo all'omofobia internaliznata. La prima relazione affettiva può essere interpretata come fattore significativo nel superamento dell'omofobia intemalizzata.
L'ipotesi principale dello studia è stata ampiamente convalidata. L'omofobia internalizzata correla negativamente con l'autostima e con la soddisfazione di vita; autostima e soddisfazio&127;ne di vita correlano positivamente tra loro. Nell'analisi, è stata aggiunta anche la variabile outness ed è stata trovata ulteriore conferma che lo svelamento del proprio orientamento sessuale correla positivamente con la soddisfazione di vita e correla negativamente con l'internalizzazione dell'omofobia.
Un'analisi più accurata delle correlazioni tra le sottoscale della scala NHAI e gli altri indici psicometrici pennette di evidenziare aspetti più circoscritti e significazivi. La sottoscala dell'omonegatività personale (r = -. 3901, p <.001 ) e la sottoscala dello svelamento di sé (r="-.3860," p < .001 ) correlano negativamente con il punteggio dell'autostima in modo altamente significativo. Mentre la sottoscala dell'omonegatività globale (r="-.226," p < .05) correla negativamente ma in misura meno significaúva.
La discussione
Uomini gay e donne lesbiche scoprono il loro orientamento sessuale relativamente tardi nel processo dí sviluppo dell'identità. L'orientamento sessuale non è riconsciuto fin dalla nascita: come affermano Weinberg e Williams (1974) è "uno status raggiunto non prescritto".
I1 periodo del coming out diventa un aspetto centrale nel percorso evolutivo di molti giovani gay. La consapevolezza del primo desiderio omoerotico è solo l'inizio di un non breve processo (di media 6-9 anni) di conoscimento e riconoscimento a sé e agli altri del proprio orientamento sessuale. La scoperta del proprio orientamento sessuale è facilitata dalla sperimentazione dei propri desideri omoerotici; infatti il primo rappono omosessuale precede l'autoidentíficazione come gay o lesbica. La prima relazione affettiva, intesa come relazione tra persone dello stesso sesso consensuale e pubblicamente riconosciuta, come afferma Troiden (1979), segna un imponante passo nell'acquisizione di un'identità gay positiva. La situazione relazional-affettiva, difatti, predice siginificativamente l'autostima: le persone in coppia, di media, hanno una più elevata autostima delle persone single.
Coerentemente con le ricerche precedenti, esiste uno scarto, seppur minimo, tra ragazzi e ragazze. Le ragazze sembrano consapevolizzarsi più tardi della loro attrazione per persone dello stesso sesso; tuttavia dal gruppo esaminato sia ragazzi che ragazze alla soglia dei 20 anni sono pronti a identificarsi gay o lesbiche.
Con l'acquisizione di un'identità gay positiva, uomini gay e donne lesbiche sentono l'esigenza di svelare il loro orientamento sessuale a gruppi di altre persone. Quasi tutti lo dicono agli amici gay mentre lo svelamento agli amici eterosessuali è più complesso perché entrano in gioco più variabili, tra cui una delle più importanti è sicuramente íl sesso. Infatti, gli uomini gay hanno maggiore confortevolezza a svelare il loro orientamento sessuale alla amiche eterosessuali piuttosto che agli amici eterosessuali. Questa scelta rappresenta una accurata strategia di evasione dallo stigma, che valuta realisticamente la maggiore asprezza dell'omofobia degli uomini eterosessuali verso gli uomini gay. Nel processo di decisione del proprio svelamento probabilmente subentrano anche altri fattori, non solo il sesso della persona a cui ci si vuole svelare, ma anche l'età, l'appartenenza ideologica, l'intimtà raggiunta. Nel decidere a chi dirlo e a chi non dirlo, lesbiche e gay devono soppesare i problemi che derivano dal loro status marginale, dalla realtà sociale e dai rischi a cui possono andare incontro.
Dallo studio, emerge che pochi svelano il loro orientamento sessuale ai colleghi di lavoro e quasi nessuno al datore di lavoro. Nell'ambiente di lavoro o di studio prevale la clandestinità e ci si tutela da possibili discriminazioni (diventare oggetto di derisíone o nel caso più grave essere licenziati). Il bilancio dei costi e dei benefici è un processo multiforme di decisione che dura tutta la vita; Bradford e Ryan (1987) hanno denominato questa pragmatica soluzione il principio dell'"outness razionale": "essere più aperti possibile perché essere onesti è salutare ed essere in clandestinità quanto necessario per cautelarsi dalle discriminazioni".
Lo svelamento in famiglia spesso conduce ad un período di travaglio tra i suoi membri. I genitori possono avere sentimenti di colpa e di responsabilità per l'omosessualità del figlio o della figlia; possono ignorare l'individualità del flglio applicando i consueti stereotipi negativi, e temendo il giudizio degli altri possono isolarsi dalla rete sociale; oppure possono reagire come se la persona sia un estraneo perché la nuova idenútà crea un sentimento di alienazione. La risoluzione in famiglia è spesso un processo lungo e complesso.
Dal nostro studio emerge che le persone che sono clandestine in famiglia lo sono con più probabilità anche con altre categorie di persone. La necessità di preservare il "segreto" in famiglia sembra compromettere la visibilità in tutti gli altri ambiti.
Una risposta parentale positiva è comunque indicativa di un minor grado di omofobia intemalizzata. I1 soggetto internalizza l'omofobia dal contesto sociale più prossimo che in genere è quello familiare; un contesto familiare molto omofobico sarà quindi associato ad una minor confortevolezza con il proprio essere gay e ad una peggiore negoziazione del conflitto familiare; un contesto familiare solidale e tollerante sarà associato ad una maggiore confonevolezza con il proprio essere gay e ad una migliore risoluzione.
È stato trovato che le persone che si definiscono come "bisessuali, prevalentemente gay o lesbiche" hanno un più elevato grado di omofobia internalizzata. Molte persone gay, durante il periodo di indecisione circa loro stessi, hanno trascorso un periodo definendosi bisessuali, forse perché risultava meno stigmatizzante socialmente. Questo risultato sembra dimostrare che le persone che si definiscono bisessuali siano persone che più delle altre valutano più negativamente i loro sentimenti omosessuali. Il risultato è curioso, tuttavia non vuole proporsi come spiegazione esaustiva della bisessualità.
Come dicono alcuni attivisti,l'omofobia riguarda tutti, chi più chi meno. L'omofobia internalizzata non è una variabile discreta che semplicisticamente divide le persone omosessuali in persone che banalmente "vivono bene" la loro omosessualità e persone "che non si accettano". È un continuum che si svolge in un dinamico processo di percezione, interpretazione ed interiorizzazione dello stigma sociale. È tuttavia una variabile moderatamente stabile dato che non è influenzata dal genere, dall'età o dall'educazione ma è sensibile al processo evolutivo del coming out.
L'"outness" ovvero lo svelamento agli altri del proprio orientamento sessuale è il prerequisito per l'acquisizione di un'identità positiva gay o lesbica. Studi empirici hanno già dímostrato i beneflci psicologici dello svelamento agli altri: una maggiore affermazione di sé, una maggiore intimità nelle relazioni, una maggiore accettazione da parte degli altri, un diminuito senso di isolamento. Dal nostro studio, emerge che l'outness correla positivamente con la soddisfazione di vita.
L'omofobia intemalizzata ha un impatto psicologico che non va sottovalutato perché può compromettere l'autostima e i1 senso di soddisfazione della propria vita. Tuttavia la correlazione non va confusa con la causalità: una persona che "non si accetta" tenderà a stimarsi globalmente di meno. Ma è anche vero l'inverso: una persona con bassa autostima sarà più propensa a svalutare la sua omosessualità.
Tuttavia la correlazione mantiene il suo imponante significato teorico e le sue implicazioni cliniche. Un intervento psicoterapeutico volto ad incentivare la stima di sé nel cliente dovrà tenere conto degli effetti che ha il pregiudizio e lo stigma sociale negli individui e cercare di minimizzare l'omofobia intemalizzata e la svalutazione dell'omosessualità in sé e negli altrí.
Il coming out esprime una concomitanza di eventi significativi: come sottolinea Suppe (1981) il "venir fuori" pubblicamente, svelandosi agli altri e avvicinandosi alla sottocultura gay, significa anche "venir fuori a se stessi", accettare che termini offensivi come "frocio" sono riferiti a sé, disfarsi dei bias e dei pregiudizi sociali e sostituirli con interpretazioni di affermazione, rispetto e integrazione.
Sottoscale della scala NHAI e autostima, soddisfazione per la vita e outness
Sottoscale Aucoscima Soddisfazione per la vita Oumess
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Omonegatività personale -039** -0.41** -0.37*"
Omonegatività globale -039** -0.20 -0.37**
Svelamento di sé -0.23* -0.23* -0.69**
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