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Significato dei Simboli

Ultimo Aggiornamento: 21/11/2007 02:37
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21/11/2007 02:29

Il simbolo della Croce
La Croce
Significato

La croce è un simbolo antichissimo; ne sono stati rinvenuti reperti preistorici addirittura dell'età neolitica, per non parlare della croce ansatica egiziana, della swastika tibetana o della croce azteca di Tlaloc. La circostanza che questo simbolo sia presente in epoche e contesti sociali diversi assumendo per contro significati analoghi, se non addirittura identici fra loro, suscita in noi emozione profonda.

Il termine Croce deriva dalla parola greca stauròs che è un palo piantato diritto (palo a punta); può servire a molteplici usi, come erigere steccati, gettare fondamenta; può avere anche il significato speciale di palizzata (fin da Omero). Di conseguenza, stauróô significa piantare pali, erigere palizzate (fin da Tucidide).

Il verbo compare più frequentemente nella forma composta anastauróô col medesimo significato. E' intercambiabile, senza apprezzabili variazioni di significato, con anakremánnymi e anaskolopízô, che significano sempre appendere (in pubblico). A seconda del tipo di applicazione penale cui si fa riferimento, può significare impalare; appendere, per disonorare una persona uccisa o per l'esecuzione capitale; assicurare allo strumento di tortura; crocifiggere.

Come anche indicano i casi più frequenti in cui è usato il verbo, staurós può quindi significare il palo (a volte appuntito in alto) al quale viene abbandonato un ucciso, quasi a significare una pena aggiuntiva, in segno di vergogna, sia appendendolo che infilzandolo; in altri casi si tratta del palo usato come strumento di esecuzione capitale (per strangolamento o altro). Inoltre staurós è il legno del supplizio, grosso modo nel senso latino di patibulum, una trave assicurata sulle spalle; è infine, come strumento di supplizio, la croce, formata da un palo perpendicolare e da una trave orizzontale, in forma di T (crux commissa) o di † (crux immissa).

In oriente si usava appendere od infilzare il cadavere del condannato per esporlo alla vista e al ludibrio di tutti. In occidente questo tipo di punizione non era usato né accettato: «L'appendere o l'assicurare a un palo di qualunque tipo, trave o croce, era un procedimento che veniva applicato a una persona ancora viva. L'esecuzione per crocifissione è attestata per la Grecia e per i cartaginesi; i romani devono averla presa da quest'ultimi. Gli orientali invece non hanno usato né sviluppato questo tipo di crocifissione».

Al tempo di Gesù in Palestina, la condanna alla crocifissione e l'esecuzione di questo tipo di pena erano praticate soltanto dalla potenza occupante romana

La pena della crocifissione era quindi intesa più come deterrente che come espiazione, come strumento di ordine al fine di mantenere il dominio vigente. È quindi del tutto logico che lo strumento del supplizio venisse eretto in un luogo ben esposto.

I romani han fatto ampio uso di questo tipo di esecuzione. e lo strumento di supplizio adottato, lo staurós,comportava un pezzo di legno incrociato e aveva quindi la forma delle due travi in croce.

Anche studiosi Ebrei parlano del supplizio romano, facendo anche riferimento ai vangeli: «Le croci utilizzate furono di differenti forme. Alcune furono in forma di T, altre nella forma della croce di Sant'Andrea (X), mentre altre ancora erano in quattro parti (+). Il tipo più comune consisteva in un palo (palus) fermamente fissato al terreno (crucem figere) prima che il condannato arrivasse sul luogo dell'esecuzione (Cicerone, Verrine, v. 12; Giuseppe Flavio, Bellum Iudaicum, VII, 6,4) e in un trave trasversale (patibulum), recante il "titulus", l'iscrizione che attestava il crimine (Mat. 27,37; Luc. 23,38; Svetonio, Claudio, 38). Era il palo trasversale, non il palo fisso, che il condannato era costretto a a trasportare sul luogo dell'esecuzione (Plutarco, De Sera Numinis Vindicta, 9; Mt., ibidem; Gv.19,17)» - Jewish Encyclopedia, alla voce "Crocifissione".

Sono noti due modi di erigere lo staurós. Il condannato poteva venire assicurato alla croce ancora giacente a terra, sul luogo dell'esecuzione, ed essere quindi innalzato insieme ad essa. Oppure — forse questo era il caso più normale — prima si fissava a terra il palo verticale avanti l'esecuzione; poi il condannato, legato alla trave trasversale, veniva innalzato insieme a questa e fissato sul palo verticale. Poiché questa era la maniera più semplice per assicurare il condannato sulla croce e poiché l'aggiunta della trave trasversale dev'essere presumibilmente messa in connessione con la pena del patibulum riservata agli schiavi, si può dedurre che la crux commissa rappresentasse la normalità. Quanto all'altezza, la croce non doveva superare di molto la statura di un uomo.

Lo svolgimento della crocifissione secondo il procedimento romano doveva essere pressapoco il seguente: dapprima avveniva la condanna legale; solo in circostanze straordinarie poteva aver luogo un procedimento sommario sul luogo stesso dell'esecuzione; se l'esecuzione doveva avvenire in un luogo diverso da quello della condanna, il condannato stesso portava la trave trasversale (patibulum) nel luogo fissato, per lo più fuori le mura cittadine. E' qui che ha la sua origine il detto «portare lo staurós», tipica espressione per indicare la punizione di uno schiavo. Sul luogo dell'esecuzione il condannato veniva spogliato e flagellato (non è certo se soltanto qui); la flagellazione è un elemento costante nella crocifissione, tra la condanna e l'esecuzione vera e propria. Il condannato veniva legato a braccia tese sulla trave, che forse poggia sulle sue spalle. Solo in casi sporadici si parla di inchiodatura (Hdt. IX 120, 4; VII 33); non si sa con certezza se anche i piedi venissero inchiodati, oltre che le mani. La morte del condannato, appeso al palo verticale con la trave trasversale sopra, subentrava lentamente e tra sofferenze indicibili, probabilmente per sfinimento o per soffocamento. Il cadavere poteva essere abbandonato sulla croce alla decomposizione oppure a essere divorato dagli uccelli rapaci o divoratori di carogne. Sono attestati anche casi in cui il cadavere veniva poi consegnato ai parenti o conoscenti.

Alcune incertezze mostrate in quest'opera non si possono riferire alla crocifissione di Cristo così come viene narrata nei Vangeli. La Scrittura attesta infatti che, nel caso di Gesù, la flagellazione non venne eseguita sul luogo dell'esecuzione. Inoltre i Vangeli dicono che al Signore vennero inchiodati anche i piedi. I cristiani sanno quindi che la crocifissione di Gesù si svolse in questo modo. Invece, nella generalità dei casi può darsi che la procedura fosse leggermente diversa; questo le fonti storiche non permettono di stabilirlo con assoluta certezza.
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